Sabato 15 febbraio nella Sala dell’ ex cinema di Penna San Giovanni, Maurizio Boldrini direttore del Minimo Teatro tratterà dell’opera di Carmelo Bene allo scopo di condurre gli spettatori dentro alcune tecniche formidabili che hanno rivoluzionato le prassi teatrali. Con il supporto di materiali audiovisivi e dimostrazioni dal vivo sono visitate alcune stazioni operative che aprono al nuovo orizzonte dell’Ingegneria Umanistica. L’ iniziativa si svolge nell’ ambito della rassegna Monti Azzurri a teatro organizzata dall’ Unione Montana dei Sibillini per avvicinare i giovani all’arte e alla poesia ed è promossa dal Comune di Penna San Giovanni.

Chiediamo a Maurizio Boldrini: “A 23 anni dalla morte che cosa resta di Carmelo Bene?” – “I fanatici continuano a incensare la sua opera, per chi lo conobbe direttamente è più o meno oggetto di baratto biografico, per studenti e corsisti (fatto salve un paio di eccezioni) è fraintesa materia da copia e incolla. I professori ci recitano quelle due cose risapute e ci fanno trita filosofia qui e là non tenendo strumenti per altro. In definitiva l’opera di Carmelo Bene è ancora tutta da studiare e sono l’unico che dispone di idonei strumenti”.
“Quale può essere una direttiva di studio?” – “Intanto come ogni opera che è stata capace di travalicare l’ ambito in cui si è manifestata è fondamentale analizzare come ha fatto ad eccedere, concentrandosi sulla tecnica della pratica operatoria. Dopodiché c’è da vedere come le prassi possono indicare nuove vie in altre discipline, concorrendo così ad una effettiva ed affettiva progressione della conoscenza. Per quanto mi riguarda ho sempre trattato le indicazioni di Carmelo Bene come viatico per nuovi orizzonti”.
“Che cosa le ha permesso di sviluppare?” – “Solo adesso esempio, la sua scrittura di scena combinata con la scrittura verticale di Giovanni Prosperi mi ha permesso di pervenire a una drammaturgia scalare che è ormai la porta diretta per una nuova estetica, e non sto parlando solo di arte ma di vita e visione della vita”.

“Quale è stato il limite e la principale forza di Carmelo Bene?” – “Il limite è stato anche la sua principale forza: lo sfarzo barocco e la magnificenza culturale gli ha permesso di dilaniare generi e inventare cose mai viste, solo che lui stesso è rimasto impigliato nei suoi costumi, non è riuscito a scostumarsi della sua biografia. È arrivato perfettamente e magistralmente dove poteva arrivare”.
“In cosa si sente simile a Carmelo Bene e in cosa è radicalmente differente?”- “Sono simile nella continua progressione del percorso, per me la strada è sempre nuova, invece non sono stato mai incline a intrusioni di filosofia di seconda o terza mano in quello che faccio. Poi quando ho incontrato persone che hanno portato semi nuovi per il mio percorso le ho abbracciate e con loro ho operato, lui no, un paio che potevano stare accanto a lui li aveva incontrati, ne ha avuto paura”.
A cura di Patrizia Mancini
15 febbraio 2025