Siamo stati a Capriglia tempo fa motivati da una ricerca storica sulle tracce di Santa Begga (615/698), una badessa franca, figlia di Pipino di Landen, sorella di Santa Gertrude, trisnonna di Carlo Magno, dalla quale si considera originata la casata dei carolingi.
La storia di Begga, desunta da testi del 1600 e del 1700, si dipana tra le località di Capremontis e Neustadt (in Germania) però ci sono venuti dei dubbi sul fatto che in Italia, precisamente nel territorio dell’alto maceratese, esistono due località i cui nomi sono molto assonanti con quelli dei luoghi tedeschi, vale a dire Capriglia e Statte, non lontane fra loro, dove in entrambe ci sono due castelli che si prestano alla storia di Begga la quale dopo la morte del marito Ansegiso fugge da Capriglia diretta dalla madre che stava a Statte. Al solito, è una storia che si ambienta bene da noi ed è una ulteriore riflessione da fare sul fatto che i Franchi qui da noi fossero di casa.
Il piccolo borgo di Capriglia sorge a ridosso dei ruderi del castello, si trova sulla strada che da Pievetorina conduce a Visso, sulla sinistra poco discosta dalla strada. Si nota subito per l’alta torre quadrata, unico residuo abbastanza ben conservato dell’antichissima mole difensiva, della quale sono ancora visibili i resti del perimetro della fortificazione. Capriglia è un luogo perfetto per controllare un percorso a quel tempo molto transitato, Infatti era in contatto visivo con le rocche di Appennino e di Torricchio e questo la rendeva strategicamente importante per il sistema difensivo di Camerino, del cui distretto faceva parte.
La sua rilevanza, dal punto di vista militare, è documentata dal fatto di essere direttamente sottoposta al governo del papato. La rocca di Capriglia fu ristrutturata e potenziata, probabilmente da Giovanni da Varano, infatti è ancora visibile nella torre, oggi adibita a campanile, lo stemma con effigiato il cane marino e la data. Nella investitura dinastica del 1468 e nell’inventario borgesco del 1502 (allora Capriglia aveva 83 famiglie e 176 uomini) appare come un castello con torre. Una descrizione del castello la rileviamo da una scheda di fine 800 di Bernardino Feliciangeli: “Se ne hanno cosi miseri avanzi che non permettono una sicura ricostruzione ideale: qui come dappertutto l’antica rocca deve la sua distruzione forse più che al tempo agli uomini essendo le sue pietre un ottimo materiale da costruzione per la qualità e prossimità (certamente per abitazioni da costruire nei dintorni).
La rocca sorgeva sulla vetta del piccolo monte che tutto isolato all’intorno sbarra l’angusta valletta percorsa dal fosso di Appennino elevandosi con ripido e aspro pendio sul fianco settentrionale e occidentale: più accessibile nel lato orientale alle cui falde passa la strada per Gallano, la sola che mettesse in comunicazione Casavecchia con Pieve Torina. Presso l’antica torre oggi diventata campanile si può vedere un arco in pietra a tutto sesto che immetteva alla fortezza ed era fornito di saracinesca. La chiesa è dedicata a San Biagio ed è l’unica rimasta; nel 300 c’erano chiese intitolate a San Giovanni, a Santa Vittoria e si ha notizia di un monastero dedicato a Santa Margherita. A Capriglia nei primi del XIV secolo operò uno dei primi gruppi di penitenti francescani.
All’interno dell’edificio sacro c’è un battistero ricavato da un’acquasantiera in pietra; sopra l’altare posto sulla parete di destra c’è una nicchia affrescata con l’immagine della Madonna del Rosario assisa in trono, il Bambino in piedi, i santi Domenico e Caterina, angeli e gruppi di fedeli, lavoro attribuito a Fabio Angelucci, commissionato nel 1585 dai confratelli del Rosario, rettore della chiesa Ciriaco Celle. Il polittico di Paolo da Visso, tempera su tela, è diviso in due ordini di cinque formelle ciascuno, chiuse da colonne tortili che sostengono archi trilobati, in alto pilastrini con guglie sormontati da gigli iscrivono quadrilobi con busti di evangelisti. Nell’ordine superiore c’è al centro la Crocefissione con l’Addolorata e San Giovanni, nello sfondo il sole tramonta su ampia pianura; a sinistra si affacciano le figure dei santi Barnaba, con il libro aperto e Pietro, con libro e chiavi, a destra Paolo, con libro e spada, e Cristoforo che si appoggia al bastone, le maniche rimboccate, il mantello al vento e sulle spalle il bambino a cui con ardito scorcio volge il capo. Nella serie inferiore abbiamo la Vergine in trono con bambino benedicente e un cartiglio con la scritta: “Ego sum via veritas et vita”. Affiancano il gruppo a sinistra i santi Margherita, in veste elegante e scarlatta con piccola croce nelle mani giunte, e Giovanni Battista.
a cura di Fernando Pallocchini – foto per gentile concessione di Alberto Monti
26 febbraio 2025