Volano alte le aquile di Montecavallo: incontro con lo zoologo Paolo Forconi

L’aquila è un uccello accipitride nobile per eccellenza, superbo e molto ammirato sin dall’antichità, quale simbolo di coraggio e di forza. Vola alto anche  in araldica: è stata presente sugli stemmi di unità militari, come le legioni romane e lo è anche oggi sugli emblemi di alcune nazioni. Nel sigillo degli Stati Uniti è rappresentata un’aquila di mare testa bianca (Haliaeetus leucocephalus) che stringe in una zampa un rametto d’ulivo e nell’altra tredici frecce, il numero delle colonie che, inizialmente, si staccarono dalla madrepatria. Nello stemma del Messico c’è un’aquila appoggiata su un cactus mentre trattiene con il becco un crotalo. Secondo la leggenda, all’inizio gli aztechi erano partiti da Aztlan (il luogo dei nivei aironi) in cerca di un luogo dove stabilirsi. Quando giunsero in una fertile vallata e videro un’aquila appoggiata su un cactus che divorava un serpente, capirono che lì dovevano stabilirsi. Lì fondarono Tenochtitlan, l’attuale Città del Messico. L’aquila che divora un serpente rappresenta anche la vittoria del bene sul male.

Paolo Forconi

Con un professionista andiamo a vedere le “nostre” aquile, quelle della parte alto montana del Maceratese. Il dottor Paolo Forconi, laureatosi in Scienze Naturali all’Università di Camerino, è zoologo libero professionista  dello studio faunistico “Chiros” di Macerata. Svolge consulenze sui mammiferi e gli uccelli dell’Italia centromeridionale. Nella zona di Montecavallo (MC), al confine tra Marche e Umbria, ha fatto dei monitoraggi sulla fauna per l’oasi di Monte Fietone (1.389 m), la montagna in alto a destra, quando si arriva a Piè del Sasso di Montecavallo. In quell’oasi vive e si riproduce una coppia di aquile reali (Aquila chrysaetos). Questo magnifico uccello ha un territorio molto vasto con un raggio di circa dieci chilometri. La coppia vive lì da molti anni, è abbastanza prolifica e si riproduce quasi tutti gli anni. In genere alleva un piccolo all’anno, ma diversi anni fa è riuscita a crescere due pulli. Le aquile reali in genere si accoppiano a marzo e depongono uno o due uova a fine marzo e, dopo circa un mese e mezzo di cova, nascono i piccoli.

Il nido è composto da rami appoggiati e può essere alto fino a 50 cm, ogni anno aggiungono delle ramaglie e così diventa più alto. La parte interna è rivestita di erba secca per renderlo morbido. Il maschio sostituisce alcune ore la femmina nella cova per farla alimentare. Durante l’allevamento della prole il maschio si occupa della caccia e di portare le prede sul nido, mentre la femmina imbecca i piccoli. Questa coppia di Montecavallo ha cinque nidi e ogni anno ne usa uno diverso, tutti hanno sede sulle pareti rocciose inaccessibili. In caso di intemperie i nidi sono parzialmente riparati, ma i piccoli vengono protetti dalle ali dei genitori.

il nido dell’aquila ph Paolo Forconi

L’aquila ha una apertura alare di oltre due metri, sfrutta soprattutto le correnti ascensionali che si creano nelle ore centrali della giornata, oppure il vento. Il volo battuto è molto faticoso, come per noi correre in salita. Va a caccia nelle parti alte delle montagne, mentre il nido si trova a metà versante, per agevolare il trasporto della preda. La preda principale dell’aquila è la lepre, ma si nutre anche di cornacchie, di cinghialetti, colombacci, volpi, ghiri e serpenti. A circa due mesi gli aquilotti si involano dal nido, ma restano ancora dipendenti dai genitori per l’alimentazione. Essi si spostano all’interno del loro territorio, aspettando i genitori per il cibo, e in autunno iniziano a imparare a cacciare da soli. Quando arriva gennaio dell’anno successivo della schiusa, i giovani vengono allontanati dai genitori. Essi vagano nelle zone montagnose dell’Appennino finché non diventano adulti e trovano un nuovo sito di nidificazione. In quell’oasi vivono le coturnici (in forte crisi in tutta la Regione Marche), le starne, il lupo appenninico, il gatto selvatico e diverse specie di pipistrelli. L’oasi di protezione della fauna (766 ettari) con pascoli e boschi cedui di latifoglie, sita al confine nord-ovest del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, fu istituita dalla Provincia di Macerata nel 1978 per la protezione della coturnice.        

Eno Santecchia

5 marzo 2025

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