Antichi modi di dire: “Da falla dentro la stalla e buttàlla fòra co’ la pala!”

Eh si! Sono arrivati i tempi brutti e il freddo è intenso. Un tempo in campagna la stalla, in inverno, diventava il salotto dove si sostava al caldo generato dalle bestie. Era il posto più gradevole della casa e poco importava se ci fosse un certo odore. Ci si allungava sopra il mucchio della paglia e si faceva conversazione. Nella stalla si facevano anche piccoli lavori come intrecciare il giunco per realizzare i canestri, o affilare gli utensili.

Fin quando la temperatura era mite, i contadini per espletare i propri bisogni corporali uscivano e si accovacciavano su delle assi, distanziate e parallele, poste a sbalzo sopra lu grascià (il letamaio). Perché spiego questo e cosa c’entra col tempaccio di questi giorni? Ecco, dovete sapere che quando faceva molto freddo o c’era pioggia o neve, i contadini per fare i bisogni corporali non uscivano dalla stalla ma si accovacciavano sulla “correntina della stalla”, dietro alle bestie, per unire le loro feci a quelle delle mucche.

Fatto il lavoretto coprivano tutto con la pula, presa dal letto dei buoi e occultavano la cacca. In seguito, nelle ore meno fredde, il letame veniva portato tutto insieme fino a “lu stabbià”. Da questi gesti deriva un detto famoso. Quando il contadino, al mattino, socchiudeva la finestra della “Càmbara” per vedere fuori, alla domanda della moglie “Che tempo fa?” se fuori c’era il tempaccio rispondeva: “Da falla dentro la stalla e buttàlla fòra co’ la pala”.

Alberto Maria Marziali

6 marzo 2025

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