Oggi gl’ippopotami vivono in alcune zone dell’Africa subsahariana e fa sensazione
venire a conoscenza che 900mila anni fa erano presenti in tutta l’Europa centro-meridionale e nell’Asia meridionale fino all’India. Vivevano anche nelle Marche, segnatamente nella zona di Collecurti e Cesi, poco distante da Colfiorito, al confine con l’Umbria.
I primi scavi – Gli scavi effettuati verso gli anni ’80 del secolo scorso, in una valle tra i due paesi (che si raggiunge a piedi in pochi minuti da Collecurti, con una strada sterrata che va verso la vallata di Percanestro) hanno permesso di portare alla luce numerosi resti fossili di vertebrati databili a 900mila e 700mila anni fa, nel periodo Galeriano del Pleistocene inferiore. I giacimenti si sono formati in particolari depressioni di origine tettonica collegate al grande bacino lacustre di Colfiorito, tuttora esistente seppur dimensionato, in una fase climatica fresca e umida con temperature invernali non troppo rigide.

Collecurti, specie dominante ippopotami – In particolare a Collecurti sono stati individuati i resti di elefante, rinoceronte, ippopotamo, cervo, cane, orso, ienide e roditore. In base ai ritrovamenti la specie dominante risulta essere quella degli ippopotami, dei quali sono stati rinvenuti i resti di cinque adulti e tre giovani. La cronologia del deposito riporta a un momento di passaggio tra il Pleistocene Inferiore e quello Medio in cui si verificano una serie di eventi migratori ed evolutivi delle specie in conseguenza dei mutamenti climatici (intensificazione dei fenomeni glaciali, della stagionalità e dell’aridità con ulteriore aumento delle steppe, tutte cause che hanno determinato la scomparsa di molte specie e favorito arrivo di nuove dall’Asia centrale e dall’Africa, come a esempio la comparsa dell’elefante che gradualmente sostituì il Mammuthus).

A Cesi una tigre dai denti a sciabola – Il bacino di Cesi, più recente (700mila anni fa), è caratterizzato da una successione sedimentaria lacustre meno spessa rispetto a quella di Collecurti. L’associazione faunistica, comprendente elefanti, rinoceronti, equidi, ippopotami, daini, cervi, bisonti e perfino una tigre dai denti a sciabola, indica un deciso miglioramento climatico a partire da condizioni abbastanza rigide. Con la comparsa dei primi ominidi, l’altopiano rappresentò ben presto un punto nodale degli itinerari transappenninici e un’area privilegiata di rifugio per insediamenti stabili o anche stagionali.

Manufatti umani – Testimonianza importante per quel che concerne queste frequentazioni antropiche sono i numerosi manufatti litici in selce, le decine di schegge e frammenti silicei, carboni, millimetrici noduli di ocra, denti e frammenti ossei di vertebrati, tutti provenienti dai livelli di granulometria più sottile della sequenza deposizionale trovata a Fonte delle Mattinate (Serravalle del Chienti) e databile al Paleolitico superiore (45 e 30 mila anni fa). La parte più consistente dei reperti, allo studio da parte dei ricercatori e degli studenti del Dipartimento di Scienze della Terra e del Museo di Scienze Naturali dell’Università di Camerino, è visibile nel Laboratorio di Serravalle. Le immagini che documentano sia la zona che i reperti rinvenuti durante gli scavi possiamo pubblicarle per la gentile concessione fattaci dal nostro amico Alberto Monti, che ringraziamo.
a cura di Fernando Pallocchini – foto Alberto Monti


10 giugno 2025