Te mbriachi? Te frusto! Ovvero le disposizioni dei papi ottocenteschi contro le sbornie

La cantina è una istituzione che va scomparendo, mentre nel secolo scorso era fiorentissima. Nell’800 le cantine erano numerosissime e “blasonate”, sistemate come erano nei sotterranei dei palazzi nobiliari di cui costituivano, quasi, una gloria.

Dimenticate le sanguinose lotte cinque/seicentesche tra famiglie nobili, la “cantina” costituiva un segno di prestigio (il nostro “status symbol”) dei proprietari. C’era una specie di gara tra i vini dei Narducci-Boccaccio, Baroni della Corte di Castagneto; dei Conti Lauri; dei Compagnoni-Floriani Conti di Villamagna; dei Marchesi Costa (o, in maceratese, “Costi”).  E questi appartenevano a famiglie di antica nobiltà. Più recenti nobili e borghesi le tenevano aperte in locali distanti dalle loro case. Così i Guarnieri nel vicolo Torri; i Conti Carradori in vicolo Angelucci; i Ringressi sulla traversa di Santa Chiara (oggi via Illuminati); i Tulli (buoni musicisti) in vicolo Viscardi; i Moschini (ex  Mastri di Posta) a Porta Romana (piazza Annessione).

 Queste cantine si aprivano, però, dopo la vendemmia e rimanevano aperte fino a esaurimento del materiale vinicolo. Altre, invece, erano aperte tutto l’anno come quella “Della Vigilanza” in vicolo Camposanto (ora via Tornabuoni); “Di Leggiero”, “Dei Tre Re” e di Maria Gigli lungo la piaggia del Forno (ora piaggia della Torre); mentre Tommaso Paolucci gestiva quella di Villa Potenza con il nome di “Fioranello”. In esse si giocava anche alla “passatella”, con le conseguenti e colossali risse derivanti anche dall’ubriachezza.

Contro questo fenomeno c’era una notificazione di Monsignor Benedetto Cappelletti, Delegato Apostolico,  in data 17 ottobre 1821. Questa, rifacendosi a un Editto papale del 1801, irrogava carcerazioni, fustigazioni, digiuni a pane e acqua, agli eccessivi consumatori di vino. Se costoro, poi, fossero stati rinvenuti recidivi si poteva arrivare a cinque anni di carcere. Le donne potevano accedere alle cantine unicamente per consumare i pasti, dopo i quali dovevano sgombrare celermente. I “bettolieri, osti et tavernari” dovevano chiudere i loro esercizi a “due ore di notte” (circa le 22) in estate e a “tre ore di notte” (intorno alle 20) d’inverno.

I nostri Delegati Apostolici “dimenticarono” le disposizioni di Papa Leone XII che, per evitare risse, prevedevano l’apposizione sulle porte delle cantine, dei famosi “cancelletti”. Per evitare che gli utenti s’installassero al l’interno di quegli esercizi ubriacandosi, l’oste doveva, attraverso i sullodati arnesi (i “cancelletti”), passare ai bevitori impenitenti rimasti all’esterno, un solo bicchiere di vino alla volta e perfino “con jujcio”. Poi venne un nuovo pontefice, il cingolano Pio VIII che abrogò l’editto leoniano, tantoché il Belli, verseggiatore sempre un po’ feroce contro i Pontefici, non esaltando l’operato di Papa Castiglioni, lo sognò mentre veniva interrogato alla porta del Paradiso da San Pietro che lo apostrofò domandandogli: “Cosa hai fatto?” rispose serenamente Papa Pio VIII: “Niente, affatto”, ma soggiunser gli angioletti: “Levò li cancelletti”.

Libero Paci

16 giugno 2025

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