Il Duomo Vecchio di San Severino Marche conservava le reliquie di S. Severino Vescovo

Secondo la tradizione la chiesa sorge sul luogo ove furono trasportate le reliquie

di Severino, santo vescovo della città di Septempeda (Ndr: oggi conservate, causa sisma, in san Lorenzo in Doliolo). La prima testimonianza che documenta la esistenza di una chiesa a lui dedicata risale al 944.

Elevata a cattedrale da papa Sisto V nel 1586, ha conosciuto nei secoli sia modifiche che ampliamenti. Attualmente la facciata,  alta 17 metri e larga 15, presenta la tipica forma cuspidale dello stile gotico. Costruita con pietre rettangolari bianche e rosse alternate, disposte a zone orizzontali fino all’altezza di 8 metri, termina con un coronamento di archetti a centina trilobati realizzati in laterizio. Il portale d’ingresso strombato, in conci di pietra cornea finemente squadrati, è a tutto sesto, decorato agli stipiti da colonnine a spira di marmo bianco e rosa. Lungo l’asse centrale della facciata sono allineati l’Edicola, anch’essa in pietra cornea con tre archetti trilobati su colonnine dai capitelli d’ordine corinzio e, più in alto, un Rosone ornato di dentelli in cotto.

La Torre, alta 28 metri, è caratterizzata alla sommità da una cella campanaria sulla quale si aprono quattro bifore decorate esternamente di dentellatura con colonnine circolari e archetti trilobati. Sotto i finestroni, la torre è coronata da un fregio di archetti a centina identico a quello della facciata. L’ampio chiostro, addossato alla chiesa, è caratterizzato da una doppia fila di arcate, con alcune di quelle superiori divise nel mezzo da eleganti colonnine. Purtroppo, come accaduto per tanti edifici sacri, pubblici e privati anche il Duomo vecchio di San Severino Marche ha subito ingenti danni e solo dopo un ventennio, esattamente l’8 giugno 2010 la chiesa è stata riaperta al culto dopo pazienti lavori di restauro.

Durante  questi lavori sono venuti alla luce tratti di fondamenta del primitivo edificio databili al X secolo, mentre sotto il pavimento sono state trovate ben 7 stratificazioni, e una di queste si presenta identica alla pianta di San Claudio al Chienti e la presenza di due torri gemelle, risolve il dilemma del palazzo con due torri presente nello stemma cittadino e in antichi sigilli comunali.

Per lasciare una traccia visibile della preziosa scoperta sotterranea, l’intervento di restauro ha previsto una soluzione poco invasiva per l’armonia architettonica dell’ambiente interno: sulla nuova pavimentazione è stato praticato il disegno delle rinvenute linee murarie, attraverso il quale si può rileggere il tracciato planimetrico dell’edificio scomparso; sono state lasciate a vista alcune porzioni del primo impianto in corrispondenza di due cappelle, speculari l’una all’altra, non più dotate dell’altare originario.

La chiesa, a navata unica, è delimitata ai due fianchi da cinque arcate per lato intervallate da doppie lesene con capitelli corìnzi. Il soffitto a cassettoni, realizzato nel 1905, presenta decori floreali e al centro una partitura polilobata con lo stemma della città. S’impone all’attenzione sulla parete di fondo il prezioso Coro ligneo in tarsia e intaglio, capolavoro dell’artista settempedano Domenico Indivini,che è stato anche  autore del coro della basilica superiore di Assisi; iniziato dall’artista nel 1483 fu portato a termine nel 1513 dai suoi allievi Pierantonio e Francesco Acciaccaferri.

Il coro è sovrastato dalla grande pala dell’Altare maggiore, dipinta nel 1741 dall’artista romano Giuseppe Pesci, che rappresenta la Beata Vergine Maria a cui è dedicata la chiesa. La grande tela è sostenuta da un ornato plastico in stucco realizzato da Paolo Campana: in alto domina la figura del Creatore contornata da teste di putti, ai lati due figure statuarie di angeli. Dietro l’altare maggiore vi è l’Arca in pietra dove nel 1741 furono deposte le sacre ossa di San Severino vescovo, fino alla loro traslazione definitiva nel 1945 nella cappella a lui dedicata. Dal presbiterio è possibile ammirare sul fronte interno dell’ingresso il prezioso organo di Giuseppe Catarinozzi (1671), perfettamente funzionante, con la coeva cantoria intagliata e dorata dal francese Denis Plouvier.

Ai lati dell’entrata sono collocate due cappelle; quella di sinistra ospitava un ciclo di affreschi dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni (XV sec.) ora conservato nella Pinacoteca civica, raffigurante le storie di san Giovanni Evangelista. La cappella di destra ha forma di un tempietto a pianta ottagonale; sull’altare barocco in legno intagliato e dorato vi è una tela di Cipriano Divini (XVII sec.) raffigurante san Severino vescovo e san Vittorino eremita, alle pareti lapidi commemorative di illustri settempedani: Angelo Massarelii (XVI sec. segretario al Concilio di Trento), Bartolomeo Eustachio (XVI sec. umanista e anatomista) e Eustachio Divini (XVII sec. – matematico e ottico).

Proseguendo, sull’arcata di sinistra si trova la porta che conduce al chiostro. Dal lato opposto si apre la monumentale Cappella votiva di San Severino, fatta erigere nel 14° centenario della morte del santo Vescovo, avvenuta nel 545. Gli episodi della vita del santo e gli stemmi di Papi e Vescovi interessati alla storia del Duomo e al culto di San Severino sono opera del pittore pollentino Giuseppe Fammilume. Sulla parete di fondo si può ammirare un bel mosaico eseguito dalla scuola vaticana.

a cura di Fernando Pallocchini – foto per gentile concessione di Alberto Monti

29 giugno 2025

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