Leggende tramandate nel maceratese: ‘U Canestrellu, due ladri, la Donna, il demonio

Una leggenda (ma chissà poi quanto leggenda possa davvero essere…), forse forse un tantinello romanzata dal sottoscritto, che si tramanda da generazioni a generazioni, nelle gelide notti d’inverno, quando la neve, il vento di Maestrale, il cosiddetto ‘Montanàcciu’, e i lupi dell’Appennino selvaggio custodiscono tradizioni e ricordi alla tenue fiamma di eriche e sarmenti, figure dei più puri valori familiari, dei quali la nostra bellissima terra è ricca e generosa con tutti.

Ecco a voi ciò che il narrante ha potuto ascoltare dalla tremula voce di un vecchierello, così avanti negli anni che mai li avrebbe potuti contare, svanito, come schiuma tra le onde del mare infinito, dopo aver terminato il racconto, lasciando nell’aria un leggerissimo effluvio di alloro e di muschio selvaggio. San Faustino di Cingoli è uno di quei luoghi magici, posti al confine tra la realtà e il sogno, dove l’azzurro del cielo all’orizzonte si fonde con il verde della campagna in primavera. Luoghi in cui potete sentire lo stormire del bosco, il cinguettio di uccelli, le risa festose delle donne e le arcane melodie suonate da spiriti e folletti.

Qui, dunque, tanto tanto tempo fa, due uomini, dediti alle pratiche di sortilegio, riportate nel famoso “Libro del Comando”, un testo misterioso in cui sono custodite le più potenti formule di magia nera, tanto temuto quanto agognato dagli iniziati in quest’arte, ma anche cure miracolose per ogni tipo di malattia, scritto dalle antiche fattucchiere che abitavano la campagna d’intorno fin da tempo immemorabile, qualcuno dice da prima dell’inizio del mondo, trovarono un Cesto d’Oro, vicino a uno scheletro sepolto da pietre, con a guardia il Demonio. Costui, vedendo i malcapitati, iniziò a vomitare palle di fuoco.

Nascosti sotto un grande olmo, i due amici pensarono a come poter rubare quella grande ricchezza, senza finire nelle fauci del mostro. Dopo vari tentativi, tutti miseramente falliti, ormai perduti, i poveretti iniziarono a raccomandarsi ai Santi del Paradiso. I due riuscirono a salvarsi e a prendere il tesoro grazie all’aiuto inaspettato di una Donna, bellissima e misteriosa, coronata di tre preziosissime perle che sembravano stelle, vestita da un lungo manto colore del mare, con un Bimbo al suo seno, la quale iniziò a recitare il Rosario, con la strana particolarità, però, di non pronunciare mai ad alta voce il Nome della Santa Vergine, ma mormorandolo in modo sommesso, come stesse parlando a Se stessa.

Mentre gli uomini, resi invisibili da volute d’incenso, bianco e profumato, che fluivano come onde argentate dai biondi capelli della Signora, s’impadronirono de ‘u canestrellu’, sotto gli occhi terrorizzati e irosi del Re dell’Inferno, che chiedeva con l’ululato di lupo affamato: “Chi è quella Donna? Chi è quella Donna? MANDALA VIA! MANDALA VIAAA AHHHHHH!” mentre, dall’alto, Michele lo teneva sotto la minaccia della sua spada di luce. Se un di queste volte vi trovaste a passare da quelle parti in una notte di Aprile, potrete ancora udire l’urlo rabbioso del Nemico impotente, che cerca i due ladri e il proprio tesoro, per portarli con sé nel Nero più cupo e profondo.

Aldo Tartari

10 luglio 2025

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti