Ecco un “augusto” esperto in bla bla bla che vorrebbe smontare le tesi di don Carnevale

Nel vasto panorama degli opinionisti da tastiera – categoria tanto rumorosa quanto priva di bibliografia – una figura svetta in alto (solamente per volume, non per metodo): l’augusto smontatore di bufale, autoproclamato, ovviamente, armato di sarcasmo e tastiera, improvvisato inquisitore del Centro Studi Don Giovanni Carnevale e portabandiera della crociata contro chi osa pensare in autonomia.

Nel suo video, il Nostro Archeorevisionista da tastiera, che ama confondere YouTube con un seminario accademico, sfoggia quella tipica sicurezza che solo chi non ha nulla da perdere in reputazione accademica può permettersi. Con tono grave, snocciola dubbi su Aquisgrana a San Claudio, condanna Carnevale per “aver preso solo ciò che gli faceva comodo” (senza mai spiegare cosa, dove, quando), e liquida anni di studio come “fantastoria”. Colpo di scena: nel bel mezzo del video confessa candidamente di non essere uno studioso. È il suo attimo di verità. Peccato che arrivi tardi, quando ormai ha già lanciato pietre contro biblioteche intere.

Ora, se uno non è chirurgo, si suppone non operi a cuore aperto. Parimenti se non è archeologo, difficilmente interverrà in una tesi su Aquisgrana con l’autorevolezza di un vescovo medievale. Ma il professorissimo del nulla, come qualcuno l’ha ribattezzato, incarna l’accanimento senza archivio. Lui giudica, interpreta, accusa, e tutto post mortem, quando Don Giovanni Carnevale non può più rispondere. Eh sì, perché mentre Carnevale era vivo, scriveva, pubblicava, teneva conferenze e dialogava con studiosi del calibro di Franco Cardini (quello vero, non una voce online), l’Andrologo della Storia, così soprannominato per la frequenza con cui analizza tesi altrui senza mai proporne una, era impegnato a commentare da bordo campo. Una opera di prudenza, senza dubbio.

Ma appena Carnevale muore, ecco che il coraggio esonda. C’è sempre chi trova forza nella solitudine altrui. C’è da chiedersi: se davvero la tesi di Carnevale era così fragile, perché nessuno dei suoi critici ha avuto la dignità di affrontarla con dati, metodo e linguaggio storiografico, invece che con sarcasmo da bar e petizioni da condominio? E qui arriviamo all’altro capolavoro: la petizione per cacciare il Centro Studi dalla cappella palatina. Uno strumento di “alta cultura” degno di una faida tra villeggianti. Si caccia non chi danneggia, ma chi studia. Si firma non per approfondire, ma per zittire. Il tutto nel nome di un vago “decoro culturale”, spesso sinonimo di “monopolio del microfono”. Ma attenzione: chi legge le invettive del professorissimo potrebbe pensare che abbia smascherato un impostore.

Peccato che Carnevale non fosse uno sconosciuto isolato, ma uno studioso riconosciuto pubblicamente, il cui lavoro ha ricevuto considerazione – e anche risposte – da personalità del calibro di Joseph Ratzinger. E se Ratzinger e Cardini prendevano sul serio Don Giovanni Carnevale, forse un certo silenzio da parte del nostro “cattedratico postumo” all’epoca era più prudente che non casuale. Dunque no, non è “Ipse dixit”. È Ipse studuit, “egli studiò”, e tu no. Se c’è una “fantastoria” qui, è la tua improvvisa ascesa da cronista indignato a sapiente senza titoli. Ma si sa: chi mai ha fatto ricerca vera, tende a sminuirla. E chi non ha argomenti, spesso firma petizioni.

Nota – La foto di don Carnevale è tratta da Letteratura Capracottese, corredata da un articolo di Medardo Arduino pubblicato su La rucola.

Pietro Pennesi

7 ottobre 2025

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