Facendo seguito all’articolo dell’architetto Medardo Arduino sulla “basilica” di Santa Maria a pié di Chienti, pubblicato il 21/10/2025 sul web (https://www.larucola.org/2025/10/21/nu-plano-de-ara-grani-vocatu-lequivoco-continua-causa-traduzioni-approssimative/). Oggi, percorrendo la vallata del fiume Chienti osserviamo un territorio fortemente antropizzato, grandi distese di campi arati pronti alla semina o ricchi di frumento, di piantagioni di mais e quant’altro. Ma non è stato sempre così.
L’impatto dell’uomo sull’ambiente è un processo crescente che si è sviluppato nel corso dei secoli. Inizialmente, l’uomo ha interagito con la natura per soddisfare le proprie esigenze primarie di sussistenza: caccia, pesca e agricoltura. Nel tempo questa interazione si è trasformata in una vera e propria trasformazione del territorio, con conseguenze ambientali sempre più significative.

Nella foto 1 vediamo l’altura sopraelevata di Selve come si presenta ma, per avere questo toponimo, quello che oggi è un terreno arato nel medioevo era certamente boscoso.

Nella foto 2, scattata lungo la valle del Chienti, si vede come la zona collinare ancora presenta zone non coltivate, quindi boscose, inselvatichite: selve.
Perché questo prologo? Dicono che Montegranaro derivi da Monte del grano. Innanzitutto in latino granum indica il singolo chicco di grano mentre frumentum indica una coltivazione di grano. Ergo… Montegranaro o Montefrumentario? Oppure, secondo noi, Montegranaro potrebbe derivare da Monte del dio Granno. Nella piana sottostante, dove c’è la Basilica c’era l’ara, l’altare dedicato al dio piceno Granno. Aquis Granni = Mons Granni. E tutto sarebbe più logico, specialmente la storia della Basilica.
Fernando Pallocchini
24 ottobre 2025


