Vincenzo Maenza

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Il campione di lotta

greco romana

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Vincenzo Maenza, pluricampione olimpionico e con un bagaglio carico di onorificenze nella lotta greco-romana. Per noi de La rucola la chance di conoscerlo è grazie a un evento a scopo benefico organizzato da Radio City Light di Civitanova Marche. Cuore di Pollicino è il libro di Maenza (2004) e racconta come dietro a un atleta illuminato, o ai grandi talenti in generale, spesso ci siano forti tormenti. Ci racconta Maenza: “Ho avuto una infanzia non proprio facile, ho vissuto sempre con i nonni perché mia madre mi abbandonò quando ero molto piccolo”.

Dove ha trovato tanta determinazione per diventare un così grande campione?

“La voglia di riscatto è stata la spinta maggiore. Sembra brutto dirlo ma, spesso, per avere la forza di arrivare in alto bisogna aver forgiato il carattere soffrendo”.

Come mai ha scelto proprio la lotta greco-romana?

“E’ stato mio padre, che aveva un negozio da barbiere, a indirizzarmi verso questo sport quando ero poco più di un bambino. Già a 17 anni ho partecipato alle mie prime olimpiadi a Mosca”.

Non è raro che un genitore scelga per suo figlio uno sport aggressivo?

“Al contrario di ciò che si possa pensare, la lotta greco-romana non è uno sport violento: non ci sono leve, non c’è strangolamento e, rispetto alla lotta libera, l’unica parte del corpo con cui si combatte è dal bacino in su. La boxe è decisamente più brutale ma uno sport che lascia di stucco è l’Mma (arti marziali miste) per la violenza inaudita con cui viene praticato, in particolar modo oggi”.

La boxe insegna che bisogna sempre rialzarsi quando si è al tappeto. La sua disciplina cosa le ha trasmesso?

“E’ uno sport per cui ci vuole una consistente e dura preparazione, aiuta a formare il carattere. Comunque a ogni sport va riconosciuto un valore fortemente educativo”.

Vincenzo Maenza è soprannominato Pollicino per la sua statura non proprio da vatusso; un appellativo in contrasto con la grandezza dei suoi successi sportivi. Del resto, l’albo dei suoi trofei parla chiaro: due Ori olimpici, tra cui uno a Los Angeles (1984) e uno a Seoul (1988), Argento olimpico a Barcellona (1992), Oro mondiale a Caracas (1982), Oro ai Giochi del Mediterraneo a Casablanca (1983), Oro ai Giochi del Mediterraneo in Siria e Oro Europeo a Tampere (1987), Oro per il Supercampionato del Mondo a Tokio (1985), Argento Mondiale in Francia (1987), 6 titoli italiani nella Categoria “48 kg” e 7 nella “52 kg” (1987) e ancora tanti altri premi. Purtroppo, nel ’94, un grave infortunio al ginocchio con conseguente lesione di un legamento, costrinse il campione ad abbandonare la sua carriera.

Lei ha un nutrito palmares, poi quel brutto infortunio. Oggi fa ancora parte del mondo dello sport?

“Sì, sono rimasto nell’ambiente e seleziono giovani emergenti in questa disciplina. Faccio corsi di preparazione per la difesa nelle fasi di lotta a terra e in piedi per qualsiasi arte marziale”.

Come si avvicinano allo sport i giovani di oggi rispetto a quelli di qualche anno fa?

maenza-con-bearzot-e-pertini“Oggi, la gioventù è un po’ allo sbando e l’atleta si avvicina allo sport pensando più alle glorie che alla serietà con cui bisogna prendere questo impegno. Ai giovani cerco di insegnare come le regole che vigono nello sport aiutino anche nella vita”.

Da Cuore di Pollicino, ecco la frase che Pertini rivolse a Vincenzo per le sue medaglie olimpiche: “Sei piccolo Maenza, ma sei un fenomeno. Ho ammirato le tue imprese. Continua così, ti voglio rivedere tra 4 anni sul tetto del mondo”.

Raffaella D’Adderio

 

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