Viaggi alle “Torrette”

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Esperienza diretta

sulla Sanità regionale

ospedale-torrette

 

Un caro amico avanti con l’età mi ha chiesto di accompagnarlo alle “Torrette” di Ancona, all’ospedale, per prenotare un paio di visite specialistiche. Non se la sentiva di guidare così a lungo: sta molto male. Di venerdì pomeriggio siamo partiti da Macerata e siamo arrivati ad Ancona verso le 16:30. Risultato? “Botteghino” aperto ma solo per la consegna di referti, cioè prenotazioni non ammesse. La dipendente ci consiglia il numero telefonico per le prenotazioni. Telefonata e risposta: “Le prenotazioni urgenti non si possono fare per telefono, solo quelle normali”. Il signore brontola: “Una struttura così grande, di valenza regionale, e… ma andate a quel paese!” Ci informiamo se il sabato… sì, fino alle ore 13:00 tutto è operativo! Meno male… ritorniamo il giorno dopo. L’operatore dà un’occhiata alle due richieste: “Per questa c’è posto qui in Ancona mercoledì… per l’altra, vediamo, sì, giovedì… ma… queste sono due urgenze! Allora devono rientrare nei tre giorni”. Miracolo: il mercoledì diventa lunedì, sempre ad Ancona e l’altra… niente Ancona ma bisogna ritornare a Macerata. “Il mio medico – fa presente il paziente (ma ancora “paziente” per poco) – mi ha esplicitamente detto di venire a prenotare in Ancona per essere visitato qui in quanto avete dei macchinari più idonei. Facciamo una cosa: annulliamo l’urgenza e mi segna per giovedì in via normale!” L’impiegato è imperturbabile: “L’urgenza non la possiamo cancellare così… lo può fare solo il suo medico, quello che gliel’ha segnata. Poi, se non fosse più urgente il suo giorno sarebbe… il 24 del mese di dicembre”. Il giovedì? Sparito nei meandri della Sanità regionale, rubato dal fantasma della chiesa di San Ciriaco, succedaneo del più noto fantasma del Louvre. Il mio amico è scoraggiato, pensa al viaggio per tornare dal dottore, al viaggio per ritornate alle Torrette, al ritorno a casa, al ritorno per la visita, al tempo buttato, alla benzina consumata, alla rabbia che sale… si augura un… non ritorno! Regole. Regole astruse applicate meccanicamente: tre giorni. Un triduo? No, niente preghiere, non servono. Ah, se avessero optato per 5 giorni… ma tanto è. E pensare che viviamo nell’era dell’informatica. Invece di far girare a vuoto le persone perché queste richieste, tramite un computer e internet, non sono fatte direttamente dal medico curante? Fa la richiesta e riceve la risposta in tempo reale o entro il breve volgere di poche ore. Un sms al paziente che saprà dove e quando andare senza stressare alcuno: né se stesso né gli operatori. Troppo difficile? o troppo semplice? Pensate che pochi mesi fa una persona partita da Macerata e arrivata alle Torrette in stato pietoso, con in mano il foglietto “urgente”, si è sentita rispondere: “Per la sua urgenza qui non c’è posto, deve andare ad Amandola: lì la visitano subito”. Amandola (cittadina alle pendici dei Sibillini vicina ad Ascoli Piceno)? Ore di strada traffico permettendo. Siamo al limite della pazzia burocratica, della efficienza più inefficiente che ci sia. Oltre questo c’è da dire che, troppo spesso, le persone sono in balìa di medici superficiali, annoiati del loro ruolo, in perenne attesa di una sola cosa: l’arrivo dell’accredito del lauto stipendio. Non si offenda la categoria ma abbiamo tangibili testimonianze: dal medico di famiglia al luminare… quasi spento.

Fernando Pallocchini

 

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