Ritorno al centro storico

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di Tamara Moroni

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Ebbene sì, ci torno ancora sopra e a distanza di poco, ma a differenza dei precedenti scritti, stavolta con una serie assestata di argomenti pregnanti, fuori da ogni ironia o provocazione. Comincio col dire, intanto, che intervengo sul tema per diverso ordine di motivi, primo fra tutti per un coinvolgimento che non nasce ora, ma risale a un mio operato pioneristico, che ritengo possa darmi buon titolo a esprimere il mio punto di vista attuale della situazione. O forse, tolta la festa del Patrono, prima di dicembre 2010 (Ponte dell’Immacolata) c’è chi può affermare di avere memoria di un centro storico – da Piazza della Libertà passando per Via Garibaldi, Corso della Repubblica, Piazza Veneto, Mazzini, allo Sferisterio – stracolmo di gente d’ogni età e a meno due gradi sottozero? Secondariamente, per tutte quelle stesse ragioni per cui me n’ero interessata allora, e che trovano presupposto a partire da queste mie stesse parole, che riporto, con cui nell’agosto 2010 mi rivolsi all’assessorato di competenza per formulare la mia proposta, ottenere i necessari permessi, attraverso una prima lettera avente come oggetto “Un’idea per Macerata”:

… in sintonia coi valori di tutela dell’ambiente, del patrimonio storico-paesaggistico,di riguardo alle attività economiche, di recupero attraverso la Storia di una memoria collettiva… pongo alla Sua attenzione un’iniziativa finalizzata a creare interesse turistico per la nostra città e particolarmente per le vie che costituiscono il centro storico, mettendone in risalto la bellezza e la vitalità che possiedono, se valorizzate per quello che sono e rappresentano.

Atteso che è nota la volontà di questo Comune di giungere progressivamente alla completa pedonalizzazione del centro storico, e che siamo tutti tristemente spettatori dello stato in cui versa il commercio del centro che risente particolarmente della crisi generale e di altri fattori di concorrenza come i grandi centri commerciali ovunque dislocati o come anche il commercio elettronico, è mia intenzione dar vita a una giornata particolare, diversa e “sperimentale” che sia di richiamo per le famiglie, augurandomi possa diventare un appuntamento periodico…etc. etc.

In sintesi, il mio motto dichiarato era “ pedonalizzare senza sanzionare” .

Fermo restando per me quel principio, veniamo subito all’oggi. Senza contare il quanto e il come messo in atto delle precedenti giunte, trascorsi tre anni da quella progressiva pedonalizzazione di cui parlavo, per quanto concerne l’attività amministrativa il solo dato fisso e rilevabile è la chiusura di Via Matteotti. Immediato, viene da dire: “Tutti qui, gli sforzi alla pedonalizzazione del centro storico?”

“E no!”, dirà qualche diretto interessato, “ Abbiamo anche messo in campo risorse, mosso sinergie con le varie associazioni, aperto tavoli, creato stati generali, cabine di regia…” (e chi più ne ha più ne metta del loro frasario) per rendere appetibile – o attrattivo, nella terminologia che si sente ripetere stancamente da ogni parte – e quindi più frequentato il centro storico, con tutta una serie di iniziative che si sono intensificate negli ultimi due anni.

Ma appunto, è proprio questo il punto dolente che vorrei sottolineare, e che tra l’altro non vorrei essere proprio io a farlo, se da quella mia prima somministrazione terapeutica che ha dato i suoi effetti, ne è però derivato un impiego farmacologico costante e a dosi tali, da sostituirsi a una programmazione più composta, circostanziata e complessa, che un progetto di tale portata e incidenza necessita al di là di volenterosi , sporadici o fitti interventi ristabilizzanti, perché sembra chiaro a tutti, che in questo modo il centro storico è sotto effetto doping, e che quindi non è affatto appropriato usare toni trionfalistici per qualsiasi risultato ottenuto da attività di straordinaria animazione e oltretutto, economicamente dispendiosi se fatti con eccessiva frequenza, mentre tra uno stress e l’altro, il centro cittadino torna in stato di passività come un elastico dopo averlo tirato e poi lasciato.

Non sarebbe stato meglio allora impiegare alcuni di quegli investimenti su qualcosa di più propedeutico a effetti maggiormente normalizzanti, a obiettivi di lungo periodo per risultati più permanenti, meno volatili di questi, lasciando intanto le cose andare per il loro verso?

Con ciò, ho detto anche perché mi sono espressa più recentemente e più volte in modo critico rispetto il transito e la sosta di veicoli in centro storico, specie in periodo festivo-natalizio, finché almeno cioè, ogni misura e contromisura alla completa pedonalizzazione non fosse stata concretamente predisposta. Invece, il quadro che ho davanti mette in risalto che il mancato rispetto di un percorso step by step, con tutto ciò che comporta una chiusura al traffico di vetture private – quindi collegamenti pubblici, parcheggi di prossimità, incentivi e politiche ad hoc – ha prodotto uno sfasamento per cui ciò che si sarebbe dovuto fare successivamente, a rilancio avviato, ha finito per essere messo in essere in anticipo, a processo incompiuto. Una sorta di Perestrojka de noantri non bene riuscita, che ha come prima conseguenza diretta che a soffrirne sono principalmente le attività economiche esistenti. Solo loro però, insisto su questo, quelle situate in centro (eccetto alcune che per loro target di clientela non ne risentono particolarmente) impossibilitate a battere uno scontrino per una ricarica telefonica o un rossetto acquistato al volo, ché a differenza di altri negozi su strada di altre vie cittadine, non hanno le loro belle strisce blu davanti, ma che per contro però , in dati periodi, quest’ultime a loro piacimento, possono godere del beneficio di poter chiudere agli automezzi per aumentare i loro traffici economici.

Siccome credo che in mancanza di industrie, il commercio insieme a tutto il terziario siano la vera ricchezza del capoluogo maceratese, ricchezza che attraverso un registratore di cassa suonante, dà lavoro, dalla commessa al commercialista al metronotte, circola, ed è distribuita attraverso una catena di indotto che va dal locale al nazionale, un’amministrazione pubblica attenta e abile, avrebbe dovuto avere lo stesso occhio di riguardo tra negozi del centro e quelli appena fuori perimetro centro storico così come inteso, chiudendo se necessario l’altro occhio, quello che guarda più all’ideale, che alla fotografia del reale. Non penso sia perciò un atteggiamento saggio e responsabile, una volta misurata la febbre al paziente, scuotere il termometro che segna alta la sua temperatura senza far nulla di risolutivo per abbassarla.

Pedonalizzazione in sé, non è un termine positivo o negativo, diventa l’uno o l’altro nel contesto e nella maniera in cui viene attuata. Pertanto in tal senso non esistono come vengono dipinti, fronti contrapposti, semmai, fronti più dialoganti e aperti e fronti più chiusi, serrati; e infatti c’è chi arriva persino a dire, che amare il centro storico vuol dire solo volerne la sua pedonalizzazione. Vorrei chiedere a quanti: “Ma cosa amate voi: le pietre? “

Un centro storico senza vita propria, non è vivo. Proprio perché amo la mia città col suo centro storico, è lì che prima ancora mi preoccuperei di valutarne il grado di vitalità economica, insieme a tutti coloro che ci investono, rischiano, e annaspano, boccheggiano, sospirano, da troppo tempo in assenza di un piano di recupero e di rilancio organico, secondo un percorso preciso e lineare.

Suppongo a questo punto, sempre uno dei diretti interessati avrà da replicare ora che “Sì ,è vero, diverse attività hanno chiuso i battenti, ma è anche vero che ultimamente altre hanno aperto”. E qui dico nettamente, che non c’è niente da essere soddisfatti nemmeno in questo, dirò di più , oltre a essere un vero e proprio segnale di allarme, mi crea un certo sconcerto. Occorre osservare in primo luogo infatti, quali tipologie di negozi chiudono e quali aprono. A fronte della cessazione di una serie di attività con prodotti che rendevano variegata l’offerta merceologica in centro storico, le new entry riguardano tutte attività di largo consumo, come bar, caffetterie, locali d’incontro. Ed è proprio così che graficamente, ahimé, si misura il livello di benessere generale e dei consumi: con curva discendente per i beni durevoli, in salita per quelli voluttuari , che non richiedono particolare impegno economico. Lo stesso fenomeno preoccupante che si va delineando nel centro storico di Macerata. Si dica apertamente quindi, che si vuole resti numericamente com’è, con una popolazione residente composta da studenti, pensionati, più qualche sparuto avventore richiamato da palazzi, musei, mostre e aperitivi culturali. Sembrerebbe proprio questa, a mio modesto avviso, la politica di fondo che emerge dall’analisi del tipo di locali che stanno aprendo.

Allora, per concludere, la domanda che mi pongo rispetto quest’ultimo aspetto: “Quali scelte amministrative saranno mai possibili avviare in altra direzione, una volta insediate perlopiù questo genere di attività?” I negozi in centro sono quelli che sono, tanti e non più. E’ un fatto. Ma soprattutto è da chiedersi su che altro puntare, escluso il commercio asfittico che una volta era il motore del centro cittadino, per chi disponeva e per chi non disponeva, ma magari si permetteva un lusso ogni tanto solo per il vanto di averlo comprato nel centro di Macerata. Che idea hanno, piacerebbe sapere, oltre quanto sopra, oltre riempire il contenitore ex Upim, oltre riportare alcuni uffici in centro, per ricreare un tessuto storico, nonché in quanto, maledetto tempo vorranno arrivarci.

 

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