Macerata signora dell’estate?

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Mah… sembra più la signora della morte

 Brooklyn-Museum-dea-Kali

Per la serie, l’ignoranza non ha limiti, per dare l’immagine estiva di Macerata si è fatto ricorso alla dea Kali, semplicemente perché questa ha quattro braccia. A questo punto ironizzare per noi è facile… ed ecco la battuta: “La dea Kali è portatrice di morte… e sta lavorando da un pezzo alla morte di Macerata!” Perché questa battuta? Ecco chi è la dea Kali…

Kali è la consorte di Śiva, terzo elemento della Trimurti indù, il distruttore, caratteristica che è considerata praticamente la funzione di Kali, che completa le funzioni di Brahma il creatore e di Vishnu il preservatore. Kali illustra il carattere oscuro e negativo del Dio. E, guarda un po’, noi stiamo vivendo proprio nel periodo del kaliyuga, l’ultimo dei quattro yuga, dove il potere è stato preso dai sudra, la classe più ignorante. L’aspetto della dea Kali è terrificante in quanto incarna la distruzione del macerata signoracreato. E’ scritto nei testi sacri in lingua sanscrita che fu l’unica dea che annientò il demone Raktabija, l’invincibile. Costui aveva una proprietà, quando una goccia del suo sangue toccava la terra in quel punto nasceva un altro demone. Allora Kali, “la notte suprema che divora tutto ciò che esiste”, con la sua bocca bevve tutto il sangue di Raktabija prima che toccasse la terra, poi lo decapitò. Ma la sete di sangue, di violenza e di morte restarono nella dea che più non si fermò. Nelle rappresentazioni è raffigurata con quattro braccia e reca nelle mani armi e una testa decapitata, al collo porta una collana di teschi. Alla “dea Kali maceratese” hanno messo in mano una più innocua fetta di cocomero e un cono gelato.

Comunque sia, certe simbologie sarebbe meglio lasciarle stare perché il culto della dea Kali è ancor oggi molto sentito in altre parti del mondo, strettamente correlato alla Grande Madre, l’antica Dea raffigurata nell’induismo con volti e figure diverse, per cui va rispettato e non banalizzato. Pensate se a Gesù in croce mettessero in mano una fetta di cocomero e un cono gelato…

Fernando Pallocchini

 

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