Marchigiani a Parigi

Print Friendly, PDF & Email

di Lucio Del Gobbo

 espace beaurepaire

Ogni pretesto è buono per una riflessione artistica. Il cibo, argomento centrale anche dell’Expò del prossimo anno, è uno di questi. L’arte per il cibo e il cibo per l’arte: in sintesi è questo il tema della mostra Mon Appetit che, partendo da Macerata, su iniziativa e cura dell’Accademia dell’Arte di Macerata e con il patrocinio della Camera di Commercio e dell’Ex.it, gira un po’ di mondo approdando in primis alla prestigiosa Galleria l’Espace Beaurepaire di Parigi (periodo 19 al 25 ottobre, coincidente con il Sial, uno tra i più importanti eventi europei per il settore agroalimentare) per proseguire il suo corso a Milano, l’anno prossimo a giugno in concomitanza, appunto, con l’Expò. Una mostra giovane, che in virtù della fascia generazionale a cui attinge, ha la pretesa di essere giovane e aggiornata anche nei linguaggi e nelle tecniche usate. Obiettivo centrato se si guarda a quale esito abbia già avuto il bando a suo tempo indirizzato dai promotori a decine e decine di giovani artisti marchigiani. La risposta? Una cinquantina di cui 25 selezionati da una giuria di esperti, hanno realizzato opere di ottima qualità, degne di essere presentate in palcoscenici internazionali qualificati quali si prospettano da programma. Ne indichiamo i nomi: Nicola Alessandrini, Federica Amichetti, Emilio Antinori, Ilaria Beretta, Sandro Bisonni, Roberto Bonfigli, Hernan Chavar, Cinquantalire, Francesco Diotallevi, Irene Dipré, Lisa Gelli, Francesca Gentili, Luigia Giovannangelo, Chiara Ludolini, Maurizio Meldolesi, Mario Migliorelli, Michele Mobili, Morden Gore, Hisako Mori, Federica Papa, Sara Perugini, Simona Scarpacci, Raffaella Tirabasso, Tomas, Giorgia Vlassich. L’interpretazione del tema è stata la più varia e fantasiosa. Ci sono entrate l’estetica, l’etica, la psicologia, la sociologia, la storia – miracolo che solo l’arte, linguaggio aperto al tempo e allo spazio quanto mai altro, può fare – e non ultima la tecnica, o per meglio dire la tecno-logia. La prima osservazione che viene d’istinto fare osservando le opere realizzate, riguarda proprio quest’ultima. E cioè l’importanza che le moderne tecnologie hanno e stanno sempre più avendo nell’arte contemporanea. Si pensava che fossero ancora i linguaggi, come nel secolo appena trascorso, a interessare gli artisti e il pubblico, e invece no; la disponibilità di nuovi strumenti – elettronici, informatici, foto-video-digitali, ecc.- ha contribuito a “scavalcare” l’annoso problema, a liberalizzarlo da ogni classificazione, chiamando gli artisti a un utilizzo degli stessi quanto più libero ed eterogeneo possibile. Domina anche in questo caso l’individualismo – fenomeno se positivo e negativo, si vedrà – che impregna indiscutibilmente tutta l’arte contemporanea globalizzata.

 

A 3 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti