VIA ROMA

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Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

 

via Roma
via Roma

Il titolare del bar “Cuppoletti”, in via Roma dagli anni ‘60, ci ha raccontato che prima la clientela frequentava il bar durante la giornata con le punte della colazione mattutina, del caffè e dell’aperitivo. Oggi non è più così, di giorno il bar lavora poco ma, in compenso, i giovani arrivano in tarda serata e si dilungano fino a fare le ore piccole. Sono cambiate le abitudini ma sono cambiate anche le persone. Se prima si poteva ridere e scherzare oggi c’è da stare attenti perché c’è il rischio concreto di prendersi una denuncia. Cuppoletti ricorda ancora uno scherzo “pesante” fatto a un amico. Costui si era sposato e aveva detto a tutti che sarebbe partito subito, la sera stessa del matrimonio, per il viaggio di nozze. Così invece non era: aveva pensato di fare tutti fessi e di starsene tranquillo con la mogliettina ma gli amici sono andati a casa sua, gli hanno buttato giù la porta, si sono installati in camera e si sono messi a giocare a carte fino alle cinque di mattina, con gli sposini, nudi, in paziente attesa sotto le lenzuola! In via Roma il luogo più storico è quello in cui sorge la struttura della Casermette. Prima del 1939 lì intorno c’erano 8 ettari di campi coltivati poi, nel giorno di San Giuseppe, arrivò una schiera d’ingegneri a fare rilievi e misurazioni. L’area venne espropriata e ne subirono le conseguenze i terreni dei conti Fiorenzi di Osimo, curati dal fattore Nazzareno Cingolani di Madonna del Monte e coltivati dalla famiglia Lorenzetti; la casa colonica del fermano ingegnere Graziani e quella della signorina Torresi, un po’ di terreno di proprietà di Sposetti e di Pascucci. In totale vennero recintati sette ettari e un ettaro divenne perimetro esterno. Passato un mese iniziarono i lavori di sterro e un centinaio di operai vi lavorò a forza di braccia con vanga, pala, piccone e carriola. Nel 1941 già c’erano 1200 addetti, molti maceratesi ma anche veneti, friulani, lombardi, siciliani e campani; ogni operaio aveva assegnati una pala e un piccone, subito ritirati

via Roma, la scultura donata dai Lions
via Roma, la scultura donata dai Lions

in caso di licenziamento; quattro ragazzi avevano il compito di distribuire acqua e disponevano come dotazione di un secchio di zinco e di un mestolo, lo stesso per tutti gli assetati. Nel 1943 i lavori erano a buon punto e si vociferava della venuta di Benito Mussolini per l’inaugurazione. Il precipitare degli eventi affrettò l’insediamento ma l’8 settembre del 1943, a seguito dello sbandamento, i soldati scapparono e le Casermette vennero occupate dai militari tedeschi. Furono brutti momenti per tutti, con la gente che scavalcava il muro di recinzione per trafugare quello che poteva tra vestiario e coperte, con i militari di guardia che sparavano in aria. Questo almeno fino al 12 settembre quando i tedeschi, oltre a mitragliare, fecero 42 prigionieri. Fu un fuggi fuggi generale e le persone catturate furono rilasciate senza conseguenze dopo un mese e mezzo. Poi arrivò il bombardamento del 3 aprile 1944: un vero macello! Dai campi i contadini osservarono i caccia mitragliare, i bombardieri buttare giù bombe tanto che sembrava la fine del mondo e le schegge volavano sibilando da ogni parte. Alla fine rimasero sul terreno 15 cadaveri e una trentina di feriti. Dopo la liberazione di Macerata gli alleati qui allestirono dapprima un campo di riposo per gente di ogni razza e colore, poi gli inglesi adibirono le Casermette a campo di concentramento e, successivamente, a campo di smistamento. Di seguito la struttura ospitò per 9 mesi i soldati polacchi detti “Baschi verdi gatto nero”. Solo nel 1948 vi si installò l’aeronautica. Il primo lavoro di ripristino eseguito fu il taglio dell’erba e se ne raccolsero ottanta quintali! Finito il tempo dell’Aeronautica alle Casermette è arrivata la Guardia di Finanza ma quello spazio, così ben esposto alle porte della città, è ambito sia per la posizione che per la grandezza, tanto che sono ricorrenti le proposte e i progetti per una sua trasformazione che da territorio militarizzato lo dovrebbero portare a essere “civile”.

continua

 

Foto di Cinzia Zanconi

 

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