VIA DEI VELINI

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Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

 

Via dei Velini, chiesa di Santa Maria della Pietà
Via dei Velini, chiesa di Santa Maria della Pietà

Via dei Velini, detta anche “corta di Villa Potenza”, fu realizzata in alternativa alla “lunga” come percorso breve per raggiungere Macerata. Questo almeno sarà con l’avvento delle automobili, prima, infatti, si preferiva usare la vecchia via, più lunga ma meno ripida, dovendo le persone spostarsi a piedi o in bici (i più fortunati) quando non spingendo un carretto carico dei panni lavati al fiume (le “lavannare”) o facendo trainare da un mulo il carro carico di breccia cavata dal fiume Potenza (i “carrettieri”). Fu lungo via dei Velini che, verso la metà dell’800, la famiglia di musicisti Liviabella costruì la propria villa immersa nella tranquillità della natura. Alla costruzione era annessa, lungo il vialetto d’ingresso, una cappellina a pianta rotonda capace di contenere una decina di persone, arricchita da un mosaico raffigurante una Madonna con Bambino. In questo piccolo tempio disse la sua prima messa Padre Leone Liviabella, che sarebbe diventato missionario in quella terra lontana che è il Giappone. Dopo l’ultima guerra mondiale Villa Liviabella venne venduta e passò di mano fino a pervenire, in pessime condizioni, al dottor Ruggero Bartolucci. Ci vollero tre anni di paziente restauro per farla ritornare all’antico splendore anche se, in base a quanto risulta da vecchie planimetrie, era andata perduta una serra sostituita da belle palme e, purtroppo, era scomparso dalla cappellina il mosaico dalla Madonna con Bambino, trafugato durante l’occupazione dei tedeschi. Sparite anche preziose porte intagliate mentre il portone d’ingresso porta addosso i segni dei colpi d’arma da fuoco dei soldati che ci si erano esercitati al tiro a segno. Pure il profondo pozzo (4 metri d’acqua) era stato riempito con letti, reti e materassi, mentre una sorgente era stata fatta saltare con una bomba, con conseguente dispersione della vena. La cantina, invece, ha mantenuto la sua originalità con le volte reali e le nicchie ricavate nei muri per contenere le botticelle. Ricorda Lucio Liviabella: “La villa fu testimone di un momento altamente drammatico il 19 aprile del 1944, in pieno periodo bellico, quando il Comandante tedesco della Piazza di Macerata, il Maggiore Platzkdt, ordinò la sua requisizione affinché fosse destinata a essere la sede del comando tedesco”.

Via dei Velini, il campanile di Santa Maria della Pietà
Via dei Velini, il campanile di Santa Maria della Pietà

Il musicista continua a raccontare: “Si presentarono due motociclisti dell’esercito tedesco che ci ingiunsero perentoriamente di abbandonare la nostra casa entro 24 ore lasciandola corredata di tutto il suo mobilio. Fummo così costretti ad andarcene in fretta e furia abbandonando preziosi e cari ricordi. Dopo il passaggio del fronte la ritrovammo con il pianterreno, usato dai tedeschi come stalla per ricoverare i cavalli, pieno di letame; distrutti o scomparsi i nostri oggetti tra cui strumenti musicali d’epoca e tutto ciò che faceva parte del “salottino cinese”, portato dalla Cina a Macerata dal fratello di mia nonna Iraide, il missionario Padre Giuseppe Zamponi, nato a Macerata nel 1870 e morto a Villa Liviabella il 19 ottobre del 1925. L’unico ad aver resistito a tanta furia fu un albero, un bellissimo tasso secolare.” Lucio Liviabella in una visita alla casa paterna rimase felicemente sorpreso dalla sua trasformazione. Il nuovo proprietario ci ha raccontato che quella di Lucio non è stata l’unica visita all’antica dimora, ce ne sono state altre e ancor più sorprendenti: “Ogni tanto coppie di turisti giapponesi giungono in visita alla villa per averla inclusa nel loro tour in Italia, una volta anche una signora, sola e di modi assai gentili, anch’essa giapponese, venne per poter osservare la cappellina e raccogliersi in preghiera nel luogo che sapeva essere stato quello in cui il missionario Leone Liviabella aveva detto la sua prima messa!” Il dottor Ruggero Bartolucci, che si auto definisce “romanticone”, colpito da queste visite, non ha avuto problemi a confessare di essersi ogni volta commosso per il ricordo lasciato in un paese così lontano da quel missionario maceratese.

continua

 

Foto di Cinzia Zanconi

 

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