Il rosso fiore della violenza XX puntata

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Qualche tempo dopo accettò l’invito di Michele d’andare a mangiare una pizza insieme con altri allievi. Il locale era frequentato da giovani che gettonavano canzoni di successo. Una coltre di fumo di sigarette stagnava a mezz’aria, commista all’odore  di fritto e di corpi accaldati. Ogni gruppo faceva vita a sé e sembrava attraversato da scosse elettriche tant’era l’eccitazione. Gli allievi facevano gli occhi dolci alle belle ragazze e cercavano in tutti i modi di attaccar discorso con loro per fare conoscenza. La cosa scocciava visibilmente i loro accompagnatori. Il più attivo e il più audace era certamente Michele, inutilmente dissuaso da Mario di non creare problemi. Vi era tra le ragazze del tavolo vicino una biondina tutta curve che faceva l’occhiolino e rideva a tutta bocca, mostrando una chiostra di denti bianchissimi  e  perfetti.  “Porca  miseria, questa ci sta!” Sbraitò Michele che, alzatosi di scatto, disse: “Adesso ci vado!” – “Ma non fare il fesso, fermati, vieni qua!” Urlò Mario, tentando d’afferrarlo per una manica. Ma quello, lesto come uno scoiattolo, si avvicinò al tavolo. “Salve bellezza, se vieni al nostro tavolo, t’offro da bere”. La bionda lo fissò scoppiando a ridere e, attratta dall’avvenenza del ragazzo, stava per alzarsi quando uno dei suoi amici, balzò in piedi e con occhi scintillanti di collera afferrò Michele, facendo il tentativo di sferrargli un pugno. Michele gli bloccò il braccio con una perfetta mossa di judo e quello, senz’avere nemmeno il tempo d’immaginarselo, si trovò steso per terra. Il fatto provocò il finimondo: tutti i ragazzi che si trovavano attorno al tavolo balzarono in piedi a loro volta, scagliandosi su Michele. Mario corse in aiuto dell’amico,  seguito  dagli  altri allievi, scatenando una rissa furibonda. Il rumore delle suppellettili che cadevano a terra, associato alle urla delle ragazze spaventate e dal fracasso delle vetrate frantumate, trasformarono il locale in una bolgia infernale. L’avvenimento attirò l’attenzione dei passanti che furono coinvolti nella rissa che si allargò a macchia d’olio. Arrivarono le camionette della Celere chiamate dai gestori della pizzeria. Ci volle del bello e del buono per venirne a capo. Scoppiò lo scandalo, e quella non era la prima volta, a causa della difficile convivenza tra gli allievi della Scuola Sottufficiali e i giovani del posto che, molto spesso, si vedevano soppiantati nella scelta delle proprie donne. Ne seguì un’inchiesta all’interno della Scuola e non poca fu la meraviglia del Colonnello Comandante, quando scoprì che l’autore della rissa era stato Michele. Lo punì esemplarmente con un mese di consegna e con la revoca, fino al termine del corso, di permessi e di licenze. Diffidò tutti gli altri dal lasciarsi, in futuro,coinvolgere per spirito di corpo in altre risse. Il solo dei superiori che fu contento del comportamento degli allievi in quella rissa fu l’Istruttore che ebbe contezza dei buoni esiti del suo insegnamento: “Mente sana in corpo sano!” Mario rimase abbastanza scosso da quell’avvenimento e non perdonò Michele d’averlo, suo malgrado, coinvolto in quello spiacevole incidente che molto probabilmente avrebbe annullata la promessa del Colonnello, ma, a parte questo, la sua natura pacifica era stata messa a dura prova di fronte a quella violenza, imprevista e spontanea.

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