L’olio di oliva, di che oliva è fatto?

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In ogni dove, giornalisti, intenditori, professionisti del mestiere e altri parlano tutti dell’olio extra vergine di oliva. Attraverso la cara Rucola con estrema modestia vorrei offrire alcune informazioni elementari che forse si ignorano. Anzitutto, sembra superfluo ma è così, è soltanto dalle olive che può essere ricavato l’olio extra vergine, proveniente dal frantoio, che ha l’obbligo di sottoporre le olive a “frantumazione e pressione” e dividere dall’olio, con l’ausilio di una centrifuga, l’acqua di vegetazione e la sansa di risulta che rimangono in giacenza. Non  è permesso al frantoio, per questo motivo, di introdurre oli di provenienza estranea di qualsiasi tipo. Per ottenere dell’olio veramente buono, si devono osservare alcune accortezze tecniche. L’oliva, raccolta prima possibile, meglio in giornata, deve essere defogliata, lavata e sottoposta a frantumazione (a freddo o con altre apparecchiature moderne). Se a freddo, si deve consegnare alla macina una quantità non superiore ogni volta di 2 o 2,20 q.li, al fine di ottenere una pasta fine, che, sottoposta a pressione idraulica fino a circa 400 atmosfere, possa dare la resa massima, oscillante, a seconda delle varietà sottoposte a lavorazione, dai 13 ai 18 kg. di olio ogni quintale di oliva. Ho detto kilogrammi, ma chi vuol sapere il peso/litro, questo è esattamente di 903 grammi. Chi invece vuole conoscere la lavorazione meccanica, entra in un capitolo dibattuto da molti che sostengono entrambe le tecniche, con pro e contro. Non voglio ora discutere di questo perché sarebbe un discorso troppo specifico, desidero invece indicare ancora delle accortezze da tenere presenti nella lavorazione a freddo delle olive.

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Da ricordare che dalla pressa  idraulica  del  frantoio si ottengono olio e acqua di vegetazione, che sono raccolti in vasche. Queste vasche devono comunicare con alcune tubazioni con la centrifuga, i cui filtri devono essere puliti spesso per ottenere una efficacia ottimale, con immissioni di quantità non eccessive, e con numero di circa 6-7 mila giri. Ma torniamo al nostro olio. Si deve sapere che, se lavorato secondo le indicazioni di cui sopra, il prodotto ottenuto non può superare 1 grado di acidità. In genere registra sempre frazione di 1 grado, al primo ottenimento. Se supera 1 grado perde la definizione di “extra” per assumere quella di “fino vergine” e “sopraffino vergine“, classifica ora cancellata dal commercio. Invece resiste, e come, quella di “olio di oliva”, che francamente lascia perplessi. Cosa è, allora, questo tanto osannato olio di oliva? È semplicemente un olio sottoposto a rettifica, vetusto, addirittura lampante, con acidità elevata, non commestibile, ridotto ad acidità di 2 gradi. Tale olio viene addizionato, ogni 100 litri, da una quantità, non indicata dalla legge, di circa, in genere, 5 litri di olio extra vergine di oliva. Spesso quest’olio è miscelato con altri ingredienti, come soluzione di clorofilla per il colore, oli di semi di nocciola e, per un inganno maggiore, con olio proveniente da importazione dalla Grecia, con peculiari caratteristiche di profumo, nonché dalle nostre zone del Salento. Non è esclusa la presenza di olio di semi vari, compreso l’olio di sesamo che si rivela sensibile al furfurolo (basterebbe fare sul posto un semplice test per rivelare la frode). Eppure questa è una frode costante. Il lettore ha più che compreso che si tratta di una guerra guerreggiata. Non mi dilungo nel merito perché La rucola mi direbbe di non esagerare. Infatti gli oleifici è meglio non toccarli, e il nostro caro Dante ripeterebbe: “Le leggi vi son ma chi por mano ad esse?”. Abbiamo un manipolo di volenterosi contro un esercito di sofisticatori che possono essere paragonati alla famosa “lupa” che  “dopo il pasto ha più fame che pria”.

 

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