Bruno Carletti, uno 007 treiese

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Dopo la trasferta “missionaria” in Sud Africa (La rucola n° 211) Bruno Carletti si è organizzato per un’altra esperienza, sempre con i Padri Stimmatini, ma questa volta in Paraguay. È stata una “missione” in ogni senso che lo ha trasformato in una specie di 007 nostrano con licenza di “vivere”. Sparsa la voce arrivò la richiesta di due amici, Guido e Francesco Matteucci, treiesi anche loro, che desideravano rivedere il fratello, emigrato in Paraguay oltre mezzo secolo prima e che da 30 anni non dava più notizie di sé. Anche la signora Rossi, di Pollenza, avanzò una richiesta: voleva dare sue notizie e riceverne da sua figlia Maria Laura, suora in Brasile in una missione distante pochi chilometri dal confine con il Paraguay.

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Quindi partenza dagli Appennini alle Ande e notizie dalle Ande agli Appennini! Il viaggio per raggiungere Villetta, la località sede della missione, fu di 3 giorni e turisticamente straordinario, soprattutto fra l’Argentina e il Paraguay: due mondi diversi dal nostro e diversi fra loro. Il posto è incantevole, sul grande fiume Paraguay che scende dalle Ande, attraversa la capitale Asunción e dopo aver fatto da confine con l’Argentina si getta nel Paranà. Il soggiorno nella missione durò due mesi e fu piacevole perché oltre a prestare la sua opera come elettricista, per gli approvvigionamenti e in cucina, fece il turista visitando tra l’altro il Parco Nazionale delle Cataratas do Iguaçu, dichiarato dall’Unesco patrimonio naturale dell’umanità.

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A Villetta i due padri, Pietro Zappini e Giuseppe Bonomi, avevano avviato una pastorale fatta di incontri con le persone, di attenzione verso le situazioni di povertà del territorio e aiutando dove possibile, anche attuando una casa di formazione a servizio degli studenti poveri della città. La “missione” più impegnativa che trasformò Bruno in uno 007, con i fratelli Matteucci, fu la ricerca del Matteucci “scomparso”. Nessuno lo conosceva e furono coinvolte le autorità del Paraguay a tutti i livelli tramite i Padri Stimmatini. Ernesto Matteucci fu rintracciato per caso, grazie a un Carabiniere. Viveva quasi da barbone in una località sperduta detta Bellavista, in una baracca di legno rifatta tre volte perché abbattuta dal vento, abbandonato dalla convivente. Stava con una figlia e una gallina, in un podere di pochi ettari avuto come compenso dopo anni di lavoro non pagato, senza averne un documento di proprietà. Manco un documento di identità personale aveva il povero Ernesto.

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I nostri amici si adoperarono per fargli avere carta di identità e passaporto, cui conseguentemente giunse pure l’attestato  di proprietà del terreno. La seconda investigazione fu più semplice, a parte una trasferta di 150 chilometri per raggiungere da Villetta la località dove viveva la suora Maria Laura Rossi, effettuata su uno scassatissimo carro/corriera, un viaggio in “collettivo” percorrendo strade di terriccio per di più melmose! La suora fu felice di avere notizie della madre e dette confortanti nuove di sé: godeva di buona salute, era superiora di una piccola comunità di suore giovani, dedite alla catechesi e alla coltura di erbe medicinali, mancando in quel posto sia sacerdoti che una farmacia. Fu il lieto fine della storia!

Fernando Pallocchini  

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