Il nostro giardino segreto

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Con la crisi molta gente rinuncia alla vacanza e si rivolge al turismo locale, alle visite mordi e fuggi delle piccole località. Questo deve essere uno stimolo ancora maggiore per valorizzare questi magici luoghi. Credo che per colpa di secoli di oppressione, la gente del nostro territorio si sia sentita indegna alla conoscenza, come avesse avuto paura di alzare la testa, guardare e godere di ciò che aveva intorno. Poi, con il boom economico, questa mentalità è stata modificata in “vado in vacanza lontano perché fa figo!” continuando a disprezzare cose meravigliose che lentamente stanno tornando finalmente alla luce, e al giusto onore che spetta a esse. Guardiamo un francese, un tedesco, che trovando un antico mattone rotto in mezzo a un campo ci piantano un cartellone di 6 metri per 3 e ci portano migliaia di persone con i pullman. Da noi, invece, che basta grattiamo per terra per trovare delle meraviglie, si fa ben poco. Dobbiamo rivalutare la nostra terra, recuperare un orgoglio, un senso di appartenenza che cancelli il concetto distorto che abbiamo: ignoranti senza storia! e invece di storia ne abbiamo, eccome: è il nostro giardino segreto! e così dobbiamo trattarla… prendere la chiave, aprire la porta, fare pulizia delle erbacce e riportare questo giardino favoloso al suo originario splendore, e anche di più. Non credendoci noi, come pretendere ci credano gli altri? Anche se qui mi devo contraddire; infatti arrivano gli stranieri e sono informatissimi, mentre noi non conosciamo la storia della chiesa di fronte casa nostra. Mi riferisco in particolare all’alto medioevo. Avete presente quel periodo che a scuola ci viene sempre detto essere il periodo buio, un momento storico non significativo, non degno di essere studiato e con poco materiale giunto fino a noi. Ma allora, come mai dentro di noi era invece il capitolo del libro che più ci piaceva studiare, e dove fanta-sticavamo di dame, cavalieri, castelli? Perché dentro di noi, nel nostro dna, sappiamo la verità, che quel  tempo era veramente fantastico, altrimenti da dove verrebbero quelle arti e mestieri di cui il nostro territorio è stato da sempre ricco? I Piceni erano i più fenomenali agricoltori e costruttori di armi d’Europa. Le Sibille misteriose ci riportano alle conoscenze erboristiche per nutrirci e curare le malattie. Le case di terra ci rammentano l’abilità di usare ciò che la natura offre per costruire a costo zero e impatto zero. I monumenti incredibili dei nostri paesini ci riportano a una grande abilità nel costruire e anche a una passata, immensa, ricchezza economica. L’arte di rilegare e restaurare libri… qui c’è e c’era una forte presenza di ordini monastici: benedettini, francescani, cistercensi… chi se non loro dobbiamo ringraziare per il tramando della cultura? La tessitura, con le leggende di telai d’oro… basta andare a vedere il museo a Macerata. Le musiche indiane, le tecniche di massaggio e meditazione, che non stonano e si inseriscono perfettamente nel nostro contesto, perché qui c’è stata sempre integrazione e scambio con altre culture, qui vivevano piceni, estruschi, longobardi, e c’erano fiorenti commerci con il mondo greco, orientale…

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 Concludo  con  un momento  poetico. Vi mostro una foto di una piccola scultura antica, la potete ammirare inserita su un muro vicino la torre di San Marco a Treia, un caro amico me l’ha fatta scoprire e siccome sono empatica anche con i sassi, ho immaginato non di essere li sotto a guardarla, ma di essere la chimera stessa e descrivere il suo punto di vista. Ecco una nota che ho pubblicato su facebook qualche tempo fa. Io sono la chimera, animale fantastico immaginato, o visto, o sognato, forse nel vaneggiamento di una febbre, o dopo qualche bicchiere di troppo, sono un misto tra capra, leone, serpente, uccello… fatto sta che sono diventata famosa a simboleggiare le tre stagioni estate, inverno e primavera, in onore di Tinia, il Giove etrusco. C’è chi dice che porto sfortuna. Proteggo molti palazzi signorili, giardini, e luoghi sacri. Sono qui da tanto tempo, mi creò uno scalpellino di Apiro, su una lastra di pietra bianca delle cave di Cingoli. Venni posta sul portale di un importante tempio e incutevo timore e rispetto insieme con gli altri fregi, floreali e animali. Poi, per colpa di qualche terremoto, rimasi sepolta e abbandonata sotto le macerie, finché venni recuperata da un muratore sensibile e messa qui, a 4 metri di altezza su un muro spoglio, dove nessuno mi può rubare, ma nemmeno notare. Ho visto tante cose, tante vesti, tanti fuochi, tante stagioni… tu che passi sfrecciando qui sotto con la tua auto, con la tua fretta, la tua indifferenza, tu che credi di aver capito tutto… cosa sai? Solo tu vecchietto, invece, che passeggi intorno alle mura tutte le mattine, e mi saluti alzando il cappello con un simpatico: “Buongiorno pio bove!” dentro di te hai capito che sono ancora viva, più di quei giovanotti che incroci e nemmeno rispondono al tuo saluto…

 

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