L’emergenza è nel cratere!

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Per i vocabolari (vecchi e nuovi) della lingua italiana per emergenza si dovrebbe intendere: “caso, accidente impensato, non aspettato”, “situazione imprevista di grave difficoltà”,ecc.; tutte le definizioni fanno espresso riferimento all’imprevedibilità del fenomeno. Il termine non dovrebbe essere utilizzato per azioni programmate e codificate da anni, a meno che si voglia favorire qualcuno. L’attivazione del terremoto è certo un’emergenza che dovrebbe durare fino all’attenuarsi o al cessare delle scosse: così fu in Friuli dove in poco tempo iniziò la ricostruzione, che non durò decenni. Nelle Marche è un’altra cosa: ci sono voluti mesi per individuare i comuni colpiti gravemente, però c’è stata la capacità, con volo pindarico, a coniare area del cratere. Sempre nei vocabolari per cratere s’intende: “scavo nel terreno dovuto all’esplosione di una bomba”, “vaso a larga imboccatura con due anse”,  “depressione  generalmente sulla sommità di un vulcano” ecc.. Il ritardo della pubblicazione del 2° decreto sul “cratere” è conseguente allo stress per la lunga ricerca del sostantivo “cratere”, per altro poco attinente. La lingua italiana vanta oltre 100mila vocaboli, se ne inventano nuovi e spesso si ricorre all’inglese. Nel frattempo i mesi passano, la neve cade, le case in legno non arrivano, di norme per la ricostruzione neanche l’ombra e solerti vigili diffidano i contadini che attivano container senza licenza edilizia. I pazienti marchigiani non esprimono speranze, solo rassegnazione. Cercano di adattarsi come meglio possono, progettano e cercano di esorcizzare il terremoto e le sue conseguenze sognando la ricostruzione con fondi dello Stato. I discorsi nei bar vertono su questo. Nei nostri paesini c’è quasi sempre un saggio disincantato, appartato, dalla battuta tagliente, anche se con la scuola dell’obbligo. Ho origliato la descrizione dei danni di una abitazione e il proprietario si diceva certo dei fondi per la ricostruzione, con abbellimenti; ed era certo anche di guadagnarci. Il saggio un po’ in disparte: “Quanto si pupu, a quilli li sòrdi non je vasta manco pe’ loro e tu penzi che li dà a te. Te promette li dorgi e non te dà manco lo pà. No’ je chjedete li sòrdi ‘ché ha ttroato lu cratere e se tròa lu vulcanu ve ce vutta drento!” Sempre, all’interno del cratere, il saggio canuto: “Sta òta è jita male, le scosse s’é sintite pure a Roma. A chi comanna j’ha scosso lo cervello: le rotelle je jirava lente pure prima e mo, se va vè, ‘gna ‘spettà’ armino l’annu nou!” Un vecchio agricoltore: “Le montagne, prima de fa lu Parcu, ci-ha vuluto vè’. L’agnelli criscìa, le vacche ce dacìa li vitelli e lo latte; ammó ce fa ‘sti scherzi. Sarà stato pe’ sfugà li lupi? Sarà che la montagna s’è rotta li c… d’èsse’ sciuccata co’ tutti ‘sti acquedutti: anche le ‘acche, se le mugni troppo, te scapota lu sicchiu e rischi pure che te cargia!” I grandi cervelloni parlano e parlano senza dire niente e lo “zotico” (come lo chiamano loro) con linguaggio antico, con pochi termini, fa battute salaci e pone dubbi non peregrini. Il terremoto è un fenomeno naturale per i Sibillini ma questa volta ha esagerato un po’. Dai dati reperibili i danni maggiori si sono verificati a Pescara del Tronto e a Castelsantangelo sul Nera, dove iniziano grandi acquedotti: pura coincidenza? La catena dei Sibillini non è l’Himalaya eppure da essa originano gli acquedotti del Pescara, dei Sibillini, del Nera, del Tennacola, quelli di Norcia oltre agli stabilimenti d’imbottigliamento di varie acque minerali per decine di milioni di litri/anno. Pure coincidenze? Perché negli anni ‘90 si prosciugò (quasi) il lago di Pilato?  I dati desumibili da internet sono pochi e non si sa quanto attendibili. Pare che un solo acquedotto abbia una captazione di 1200 litri al secondo e una capacità di trasporto di 700 l/sec anche se l’Ente Parco dei Sibillini pare ne abbia autorizzati solo 150 l/sec. Sarebbe utile che “qualcuno” non difenda solo lupi, vipere e margherite ma vigili pure sugli acquedotti, per ridurre al minimo i rischi.

Altrimenti… citando di Trilussa “Er nano diplomatico”:

Er popolo rimane de sicuro a bocca asciutta e perdeppiù a lo scuro.

Leggasi: senza acqua  e con grossi terremoti.

07 gennaio 2017 

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