Dal terremoto ci si può difendere: Scienza e Coscienza devono andare a braccetto

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La III tappa del “Gran Tour Cultura”, avvenuta al Teatro Comunale di Treia, è stata all’insegna del “Conoscere per prevenire” tutta incentrata sul terremoto. I relatori non hanno avuto peli sulla lingua e si sono espressi chiaramente, con qualche incertezza del funzionario regionale riguardo alla lentezza degli interventi del post terremoto, evidentemente interventi vincolati dalle pastoie burocratiche, come si può intuire dalle notizie che circolano in questi giorni con il territorio sottoposto al gelo e alle nevicate.

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Infatti è difficilmente comprensibile la situazione in cui sono stati lasciati sia gli allevatori che i residenti delle zone terremotate, a più di quattro mesi dagli eventi sismici, bloccati dalla impossibilità burocratica di installare strutture per difendere dal freddo se stessi e i propri animali.

Il geologo Emanuele Tondi, dopo aver spiegato come nascono i terremoti, ha detto senza mezzi termini che oggi siamo in grado, molto meglio del passato, di prevenire i danni delle scosse sismiche. Gli studi fatti hanno aumentato la conoscenza sia del propagarsi delle vibrazioni nel sottosuolo, in base alla composizione dello stesso, che dei movimenti verticali e laterali causati dalle scosse, tutte informazioni utili per una più corretta costruzione degli edifici, sia per la scelta del terreno meno pericoloso su cui edificare, sia per una specifica progettazione tecnica. Non si può conoscere con precisione quando verrà il prossimo terremoto, anche se le statistiche dimostrano nello scorrere dei secoli una ciclicità dei picchi nel nostro territorio, per cui bisogna attuare una “difesa passiva” mettendo in grado gli edifici di resistere meglio alle scosse, salvando così vite umane e limitando i danni economici. In definitiva le leggi vanno adeguate alle nuove conoscenze, rispettando le indicazioni degli esperti. Illuminante l’esempio di L’Aquila la cui zona in tempi passati è stata classificata a basso rischio (ma in effetti così non era in base ai rilievi degli esperti che la definivano ad alto rischio) e un vicino parco nazionale venne invece classificato ad alto rischio pur essendo a basso rischio. Un errore burocratico? O la precisa volontà di rendere edificabile in modo economico una zona appetibile ai costruttori e, a compensazione, rendere più complessa dal punto di vista edificatorio un’area che, però, era di nessun interesse in quanto classificata come parco nazionale?

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Il geomorfologo Piero Farabollini si è invece espresso sulle modificazioni apportate dai terremoti al territorio. In conseguenza all’evento sismico la terra si alza, si abbassa, si spacca con movimenti che possono essere di pochi ma anche di molti centimetri, creando danni alla viabilità, provocando frane, deviando il corso delle acque sotterranee per cui alcune sorgenti scompaiono e altre aumentano la loro portata, facendo comparire fenomeni curiosi ma anche pericolosi come i vulcanelli di fango che portano con sé emissioni di gas radon, radioattivo. Sono studi complessi, eseguiti con pazienza alla ricerca di questi fenomeni; basta sapere che a causa di questi ultimi eventi sismici ne hanno catalogati più di quattromila.

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Il funzionario regionale Gianni Scalella ha raccontato delle sue esperienze dirette sui luoghi disastrati ed è stato chiarissimo sul concetto principale: ci sono aree dove si potrà ricostruire, con i dovuti accorgimenti, ma ce ne sono altre dove la ricostruzione è assolutamente sconsigliata, perché sismicamente troppo sensibili e il ricostruire porterebbe sicuramente a nuovi lutti e a paesi di nuovo rasi al suolo. Ha portato l’esempio di Pescara del Tronto dove il suolo si è sfaldato causando la totale distruzione del paese. Qui non si dovrà ricostruire essendo il terreno inidoneo e se i superstiti vorranno rifondare il loro paese dovranno scegliere un’altra area più sicura. Oggi sono disponibili mappe aggiornatissime e particolareggiate sulla pericolosità sismica del suolo nazionale che sono da rispettare in quanto ogni fascia determina la tipologia costruttiva degli edifici, ma il rispetto deve venire prima e soprattutto dai legislatori. Ha anche aggiunto che la tempestività degli aiuti è messa a dura prova dal fatto che i terremoti sono stati ben quattro e ogni volta è toccato ricominciare daccapo con le verifiche, in quanto edifici che in un primo momento erano stati dichiarati agibili, con le nuove scosse, avvenute più in prossimità e più forti, questi hanno subito ulteriori danneggiamenti ed è toccato ripartire di nuovo e da zero con il controllo dei danni.

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Il sociologo Marco Giovagnoli, partendo da un dizionario dei termini connessi al terremoto, ha toccato tutti i punti sensibili riguardanti il cosiddetto “cratere”, in particolar modo quelli legati al territorio montano e pedemontano, dove il sisma ha colpito delle realtà già in declino sotto tutti i punti di vista. Il pericolo è che venga snaturato il tessuto sociale dei nostri paesini medievali, luoghi che non vorremmo chiamare “Chientishire”, come è toccato a molti centri della Toscana dove oggi c’è il “Chiantishire”, a voler significare l’abbandono del territorio da parte dei vecchi residenti e l’arrivo dei ricchi vacanzieri. Di positivo c’è l’irriducibile “resilienza” di contadini, allevatori, artigiani, che non si spostano a costo di restare in roulottes e tende e ci fa riscoprire, insieme alle lotte per il trattenere le opere d’arte in luoghi sicuri ma in loco, la nostra identità, perché è di questo che parliamo quando ci commuoviamo di fronte a immagini di pale d’altare salvate dalle macerie, di salumieri trasferiti nell’anconetano, di trasferimenti forzati di bestiame sotto la neve: la nostra identità è rappresentata da luoghi, linguaggio, mestieri, opere d’arte. L’unica possibilità che abbiamo per conservare questa nostra millenaria identità, ora, è pretendere l’efficienza nelle infrastrutture (le strade!), pretendere di poter “fare economia” in questi territori, senza viabilità e senza lavoro è impossibile, come continuare a viverci. Il momento drammatico che abbiamo vissuto e stiamo vivendo deve essere convertito in opportunità, in primis di conoscenza, consapevolezza da parte di noi tutti: di essere in grado di vedere, di conoscere, chi siamo e del patrimonio di cui disponiamo e delle sue potenzialità.

Il Sindaco di Treia Franco Capponi, chiude gli interventi sottolineando che la tempestività e l’efficienza dimostrata dall’amministrazione treiese, è stata possibile grazie alla organizzazione, al saper lavorare in gruppo e anche a far tesoro delle esperienze non solo proprie ma anche quelle degli altri territori. Come descritto dal professor Farabollini, il territorio comunale è stato mappato quasi al centimetro, quindi per ogni area è definito il rischio sismico, in base al terreno sottostante, di conseguenza si può scegliere dove e come poter costruire. A questo punto sta alle persone: al progettista, al costruttore, al committente, aggiungere al lavoro del geologo l’onestà e la coscienza affinché non si ripeta ciò che abbiamo visto: i maggiori danneggiati sono stati i fabbricati con parti condonate, tetti pesanti, materiali in difetto, prescrizioni geologiche non rispettate o assenti.

Simonetta Borgiani

Immagini Fotoclub il Mulino

10 gennaio 2017

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