Dipingemmo la volta del teatro di Caldarola…

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Oggi insegnante e critico d’arte, da giovane collaborò a dipingere la volta del teatro di Caldarola. Il professor Claudio Nalli contribuisce a inserire un altro tassello nel mosaico della storia del teatro caldarolese, purtroppo al momento inutilizzabile per gli eventi sismici di agosto/ottobre 2016. Correva l’inverno dell’anno 1984, il teatro era stato ricostruito. Era appena trascorso Natale quando il professor Guido Bruzzesi scelse alcuni suoi allievi d’Accademia da portarsi a dipingere il teatro di Caldarola. Nalli e Milena Marinelli di Castelfidardo erano iscritti al primo anno. In quel periodo Claudio dipingeva paesaggi marchigiani su tavola preparata con gesso e colla di coniglio, come nel ‘400, Bruzzesi lo scelse perché apprezzava le sue opere ed era convinto di ottenere buoni risultati. Il bozzetto della volta fu pensato da Bruzzesi il quale si occupò soprattutto delle figure principali e del cielo, con materiale acrilico dato a spruzzo. Il progetto proposto da Bruzzesi fu approvato dal sindaco; se il sindaco avesse voluto ridipingere il precedente motivo “le muse”, Nalli ritiene che il docente sarebbe stato in grado di rifarlo. Tuttavia l’idea di dipingere le quattro  stagioni tornava utile a Caldarola: rappresentare i paesaggi dei dintorni ha un valore turistico. Per acquisire degli spunti, prima d’iniziare a occuparsi dei paesaggi, Claudio e Milena si fecero un giro sulle colline attorno a Caldarola, fino a Pievefavera. Mentre Claudio dipinse l’inverno e l’autunno, Milena si occupò di estate e primavera. Claudio intervenne in qualche punto nei paesaggi di Milena per far sì che lo stile pittorico non fosse troppo diverso. Non era un lavoro facile, c’era il rischio di essere monotoni e ripetitivi; le vicine colline furono interpretate con le personalità di Claudio e di Milena. Gli allievi raggiungevano Caldarola con il professore a bordo della sua Seat Ronda. I lavori iniziavano alle 8:30 e seguitavano fino alle 12:30, poi si pranzava alla mensa delle scuole elementari e si riprendeva. Il teatro era ancora da completare, al lavoro c’erano anche muratori e imbianchini. L’ambiente era freddo e umido, si lavorava con i guanti, il colore gocciolava,  l’impalcatura  non  aveva  gli accorgimenti di sicurezza richiesti oggi. Per accertarsi della buona esecuzione ed evitare errori prospettici, di proporzione e armonizzare gli accordi cromatici bisognava spesso spostare le tavole e scendere dall’impalcatura per osservare il giusto effetto dal basso. Si aggiustavano le imperfezioni murarie con gli effetti ottici illusori della pittura. Il nostro artista descrive un particolare: “L’effetto sfumato è dato dalla cornice esterna della volta, dipinta con due toni diversi dello stesso colore (una sorta di grigio se non ricordo male), i quali a un certo punto nella zona dalla parte dell’ingresso, si assottigliano incrociandosi (alla stessa maniera di una diagonale di un rettangolo) e questo da sotto dà la sensazione che il grigio sfumi dal chiaro allo scuro”. I lavori di decorazione della volta del teatro caldarolese durarono circa due mesi, a marzo erano terminati. Bruzzesi fu criticato per aver affidato parti importanti a due giovanissimi allievi dell’Accademia. La sua scelta fu condivisa dal professor Pietro Zampetti, storico dell’arte marchigiano, invitato alla cena finale, ove espose una critica generale dicendo che apprezzava molto i paesaggi della volta perché erano sentiti. Non erano stati dipinti con distacco ma con molta passione e partecipazione. Lui ci rivedeva la tradizione storica e pittorica marchigiana degli artisti di Caldarola e Camerino come Simone De Magistris, Giovanni Boccati, ecc. I paesaggi delle “quattro stagioni” furono realizzati in uno stile pittorico fresco, rapido, non troppo pensato e passionale. Non a caso ma fu una ripresa degli artisti del passato quali Crivelli, Raffaello, Simone de Magistris. I non esperti lo scambiano per un’opera del Seicento. Armando Machella aiutò nell’organizzazione generale e nella logistica. L’allievo giapponese Hideaki Kawano eseguì un lavoro di precisione alle parti grafiche, alle date e alle fasce decorative. Le pietanze preparate da Kawano all’hotel Da Sandro per la cena finale non furono pienamente apprezzate dagli ospiti: nella primavera del 1985 i tempi non erano ancora maturi per la cucina giapponese e per il Sushi, oggi in voga. L’interlocutore termina l’incontro (avvenuto nella primavera del 2016) rassicurandoci sul teatro caldarolese: “Oggi lo stato dei colori e della pittura è immutato, si conserva molto bene”. Si auspica che gli eventi sismici successivi non abbiano arrecato seri danni. Il professor Nalli ricorda che, nella prima metà degli anni Ottanta, Bruzzesi dipingeva spesso figure femminili su tavola con tecniche antiche ed era interessato ai simbolismi delle società segrete Rosacroce e Massoneria. Così lancia un intrigante stimolo ai detective dell’arte e ai fotografi professionisti. Nel rivedere e reinterpretare la volta non si può escludere che ci siano nascosti dei significati che vanno al di là delle quattro stagioni, perché Bruzzesi era solito usare questi simbolismi nel suo studio e nei suoi lavori. Con delle foto ad alta definizione si potrebbe fare una nuova lettura del tema “banale” delle quattro stagioni.

08 aprile 2017

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