Capitozzatura selvaggia

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Oltre ciò che è stato mostrato dai media (non facilmente immaginabile) è assai triste recarsi nelle zone colpite dal recente sisma per un altro, ben preciso, motivo. Come congelati da quella domenica di San Germano (30 ottobre 2016), nel marzo-aprile 2017 gli scenari appaiono immutati. In alcuni paesi, ciò che salta più all’evidenza è la recente, selvaggia ed evidente, capitozzatura degli alberi urbani prima della crescita del fogliame. È lecito domandarsi: “Con tutte le incombenze urgenti della messa in sicurezza e dell’avvio delle procedure di ricostruzione quegli amministratori come sono riusciti a trovare il tempo e le risorse necessarie a fare ciò?” Risposta: “L’hanno trovato e hanno impiegato personale dipendente o ditte terze per depauperare il patrimonio arboricolo pubblico. Depauperare, perché la quasi totalità di quegli alberi non aveva alcuna reale esigenza di quelle potature devastanti che hanno distrutto le impalcature principali, rendendo dei monconi gli alberi che abbellivano e rendevano più vivibili viali, parchi e giardini. Camminare ai margini delle Zone Rosse e vedere quei ruderi vegetali è desolante e non migliora di certo l’umore. Le vaste, scriteriate ferite arrecate sono porte aperte all’acqua, alla penetrazione di parassiti, di muffe e conducono diritte al marciume finale. Presto quegli alberi si seccheranno e dovranno essere abbattuti, tolta la ceppaia e ripiantati con notevole spesa. Per diversi anni mancheranno i benefici di un’ampia chioma. Estirpando la ceppaia degli alberi secchi, si rovineranno i marciapiedi e le pavimentazioni, perché ormai è prevalsa la pessima abitudine di far arrivare il cemento e l’asfalto fin sotto il colletto delle piante. In pochi casi restano ridicoli centimetri di terreno per far giungere l’acqua delle piogge alle loro radici. Altre spese su spese. Nel suo articolo su “La Stampa” intitolato “Salviamo i nostri alberi martoriati dalla stagione delle potature selvagge” Paolo Pejrone avanza il sospetto che tagliare, sotto le mentite spoglie del dovere, procuri un piacere sadico. Il sadismo non si può estirpare e quindi, qualcuno potrebbe pensare: “Piuttosto che sfogarsi su persone e animali è meglio che certi tipi sfoghino i loro istinti (malati) sugli alberi”. Tuttavia per gli amanti e i rispettosi del verde ciò è sempre assolutamente sconcertante. Un recente episodio paradossale e al limite dell’inverosimile mi ha spinto a scrivere queste righe. Ho notato più di una volta degli operai comunali che, non avendo altro da fare, trinciavano le margherite, appena fiorite, del prato di un giardino pubblico.

Vediamo in dettaglio. L’erba del prato era troppo bassa per essere rasata con il tosaerba a motore a scoppio, facevano capolino solo le belle margherite, appena sbocciate. L’uomo in tuta arancione consumava carburante, producendo rumore, fumo e cattivo odore per tagliare le basse corolle bianche e gialle delle margherite, che spuntavano di poco sopra il basso praticello verde! Altro aspetto aberrante della questione è che gli operatori comunali potrebbero e dovrebbero essere impiegati in altre, proficue opere. È di pochi giorni fa la notizia che Vittorio Sgarbi ha sporto querela contro il sindaco di La Spezia, accusato di aver offeso e screditato la reputazione della sua città per aver devastato piazza Verdi, facendo tagliare 13 alberi sostituendoli con ridicoli archetti di cemento armato. Il critico d’arte l’ha ritenuto puro vandalismo che ha sfigurato la città. Amministratori comunali, se non avete compiti da affidare ai vostri operatori, trovategli qualche altro incarico piuttosto che sprecare tempo e denaro pubblico per rovinare, inquinando, dei così bei tappeti erbosi fioriti o depauperare il patrimonio arboricolo che appartiene a tutti i cittadini.

Eno Santecchia

2 giugno 2017

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