Proviamo a capire perché non funziona il sistema SAE

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Questa mattina, una decina di minuti dopo la sua pubblicazione su Facebook, abbiamo letto lo sfogo del Sindaco di Visso Giuliano Pazzaglini, davvero amareggiato. In sintesi: 12 SAE consegnate ieri e nessuna abitabile perché sporche, con danni alle pareti, perdite dai lavandini, dai sanitari, dagli impianti di riscaldamento. Una sola era accettabile e, pulita dall’assegnataria, ha avuto una perdita dalla caldaia che l’ha resa, anche questa, inutilizzabile.

Fin qui una cronaca ormai e purtroppo quotidiana sulle SAE, alla quale aggiungiamo che (dopo essere stati alcuni giorni fa a intervistare il Sindaco di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci e aver visto le casette in costruzione) speriamo non cada una improvvisa e abbondante nevicata perché ci sembra che i tetti delle “casette” siano abbastanza piatti (senza una accentuata pendenza) e quindi non in grado di reggere il peso di molta neve.

Perché sta accadendo tutto questo?

 

Primo

Il progetto delle Sae studiato in previsione di una possibile emergenza è lo stesso, generalizzato per tutto il territorio italiano e non ha considerato le esigenze dell’ambiente montano che sono diverse da quello di pianura. Vale a dire che chi ha pensato e disegnato il progetto è stato quantomeno… superficiale.

 

Secondo

Nel 2014 il Consip ha bandito una gara: chi era in grado in sei mesi di consegnare più SAE. La gara è stata vinta da un raggruppamento temporaneo d’imprese con 850 SAE e seconda è arrivata Arcade con 780 SAE. Nonostante fosse arrivata seconda ad Arcade è stato assegnato l’appalto (non sappiamo per quale motivo) per più di 3000 SAE da consegnare entro un anno.

Allora, riassumendo, progetto sbagliato (e lo si è visto in molti casi nella pratica) e appalto assegnato a un’azienda non in grado di consegnare in tempo utile le SAE.

 

Era prevedibile la mancata consegna?

Secondo noi sì e per due motivi: uno per ammissione della stessa Arcade di non poterne consegnare più di 780 in sei mesi; due perché Arcade, secondo quanto pubblicato sul suo sito, nel 2016 non ha lavorato, nel 2015 nemmeno, nel 2014 ha realizzato due palazzi da 22 appartamenti ognuno, nel 2013 non ha svolto lavori di rilievo, nel 2012 ha costruito due caseggiati da 51 unità immobiliari, nel 2011 ha realizzato un club-palestra e lavori più o meno simili negli anni precedenti.

Una azienda che in 6 anni ha realizzato solo questi lavori è, al limite, affidabile per 1000/1200 SAE, non di più, motivo per cui si sarebbero dovute cercare altre aziende, magari tra Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, nelle zone colpite dal sisma.

C’è poi un altro errore, ed è la mancata suddivisione del cratere in zone dove era più urgente intervenire con le SAE, e cioè laddove l’inverno arriva prima e con temperature più rigide.

 

Di chi la colpa?

La colpa va ripartita tra tanti: dal progettista a chi ha assegnato l’appalto, e anche a chi l’ha preso in toto perché, in coscienza, avrebbe dovuto accettare un numero possibile di SAE ammettendo che non ce l’avrebbe fatta a realizzare in tempo utile l’intera commessa. Così non sarebbero state in difficoltà tante persone. Ma si sa, quando ci sono tanti milioni in palio la coscienza si mette in un cantuccio.

Fernando Pallocchini

25 dicembre 2017

        

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