Gli Shofar

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Dall’Antico Testamento allo Sferisterio,

aneddoti compresi

 

gli-shofarLo shofar è un piccolo corno di montone utilizzato come strumento musicale. Nell’Antico Testamento, l’Arcangelo Gabriele annunciò la maternità di Maria con il suono dello shofar. “Secondo la cultura ebraica, lo shofar propagava il suono dell’Eden e aveva un potere seduttivo: proprio per questo poteva essere ascoltato solo dagli anziani, non da donne e bambini. E’ il primo antenato della tromba” ci spiega il leader degli Shofar Mario Bonucci. Bonucci, appassionato di etnomusicologia, cioè della ricerca della strumentazione dei popoli extraeuropei, è l’ideatore e l’organizzatore del quartetto di trombe di cui fanno parte Mario Bracalente, Michele Pancotto e Giuseppe Frioni. I quattro sono accompagnati, solo in alcuni brani di musica antica e leggera, dal percussionista Andrea Piermartire. Suonano insieme da 10 anni e si sentono liberi di esprimere il proprio talento autogestendosi in quanto band. Hanno in repertorio 580 brani che spaziano dalla musica barocca ai giorni nostri. In occasione della stagione operistica dello Sferisterio, gli Shofar cessano di essere un gruppo indipendente ed entrano a far parte dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Poi, durante l’anno, si esibiscono in altre orchestre di teatri come il San Carlo di Napoli, il Maggio Fiorentino, il Teatro dell’Opera di Roma. La loro vera passione è suonare senza le regole del regime orchestrale e ricomporsi negli Shofar appena possibile. Pur di suonare liberi e per contrastare nel contempo la crisi, gli Shofar suonano nei matrimoni e nei party. Il loro slogan è: “Dalla culla alla cassa, suoniamo per tutti e in tutte le occasioni”. Intuendo la verve dei componenti, chiediamo loro di raccontarci episodi comici che si siano verificati durante le loro esibizioni allo Sferisterio. E’ l’anziano del gruppo Mario Bracalente a prendere la parola: “Sette anni fa, prima del Don Carlo, in un intervento fuori dal palcoscenico, uno dei musicisti fu vittima di uno scherzo: qualcuno aveva ostruito con materiale extra la sua tromba e ciò non gli permise di emettere suoni”. Gli episodi sono numerosi, i più divertenti quelli in cui gli orchestrali hanno eseguito interventi dietro il palcoscenico e avendo così l’opportunità di vedere gli artisti in tutta la loro umana fragilità, prima di essere sul palco. “C’è chi tracanna un’intera lattina di coca-cola calda, chi scalda la voce e pulisce le cavità emettendo versacci, ma la cosa più strana è stato vedere un artista con la maschera dell’ossigeno” ci dicono i quattro. Come si sta a suonare nella buca sotto il palcoscenico? “Durante le prove succede di tutto, tra cui i litigi fra direttore d’orchestra e regista che ci movimentano la performance. Ma anche durante l’esibizione ufficiale non c’è male: nella buca cadono oggetti di ogni tipo tra cui anche macchine fotografiche!”. Del resto, gli Shofar sono abituati a suonare in condizioni avverse: si sono esibiti in un concerto a Pizzo di Sevo sul cucuzzolo della montagna, a 2800 metri d’altezza raggiunti a piedi. Lo strumento della tromba è uomo o donna? “E’ decisamente donna, ne ha tutte le caratteristiche. Devi starle sempre dietro e riempirla continuamente di attenzioni. Non appena ti distrai un attimo, ti penalizza. La tromba ha un pregio in più: non parla! Battuta a parte, il repertorio che s’addice di più alla tromba è quello dell’opera lirica e anche quello che si avvicina maggiormente a una voce femminile come è quella del soprano”.

Raffaella D’Adderio

 

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