Ha da passà’ ‘a nuttata

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La vita è una commedia?

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C’è una guerra in atto che non ci siamo neanche accorti di combattere e che, in ogni caso, non stiamo affrontando con forza e convinzione perché essa è latente, vigliacca. Ci sentiamo lontani dagli anni della prima e seconda guerra mondiale, dai bombardamenti, dalle violenze che hanno sparso inutilmente tanto sangue. Quello, almeno, era un mostro visibile, i morti si contavano, dei “cattivi” si conoscevano i nomi. Orrori da non ripetere, ma il conflitto ora in atto è di dimensioni indecifrabili e per questo tanto inquietante. Tolta è la dignità ai lavoratori, ai genitori, ai figli, a tutti noi che siamo o che eravamo, ognuno nel proprio ruolo, i portavoce e il tessuto di una società democratica. Gli equilibri sono saltati, abbiamo provato a diventare politicamente trasversali: prima a destra, poi a sinistra, poi al centro, poi a votare il leader “dell’uno contro tutti”, ora a sperimentare il mix sinistra/destra. Nulla è cambiato, l’unico elemento trasversale vincente è l’ingiustizia sociale, il furto dei diritti umani, la ruberia dei nostri sogni e il tutto è mascherato dalla fantomatica e perseverante crisi. Eduardo De Filippo, in uno dei suoi successi più clamorosi quale “Napoli Milionaria!”, aveva nel 1945, descritto un’ Italia messa in ginocchio dalla seconda guerra mondiale e anche dall’immediato periodo postbellico intriso di un benessere ancora effimero e svuotante. Nella pièce, poi diventata film, descriveva singolarmente tutti i componenti di una famiglia disgregata, lacerata nei legami affettivi e dimentica dei sani principi, divorati da uno spirito di sopravvivenza più urgente. Incredibile quanto questo ritratto realistico degli anni ‘40 sia lo specchio dei tempi odierni e di quanto sia vero che la condizione umana perda il suo perché, una volta smarriti i mezzi necessari a una sopravvivenza dignitosa. Amalia Iovine (la moglie del protagonista) era diventata una donna avida che s’arricchiva sulle disgrazie altrui, il figlio Amedeo rubava, la figlia era stata sedotta e abbandonata da un soldato americano, da cui aspettava un bambino. Persone trasformate dalla disperazione, aggrappate ai falsi barlumi del momento. Un grande messaggio ci lascia l’indimenticato Eduardo nei panni del capofamiglia Gennaro, quello di un uomo sconfitto, ma che non si arrende. Un insegnamento che anche oggi non suona atavico, assieme con l’altra voce di speranza con cui si chiude lo spettacolo: “S’ha da aspettà’…Ha da passà’ ‘a nuttata!” cioè bisogna pazientare, aspettare che passi la bufera e avere la forza di rialzarsi.

Raffaella D’Adderio

 

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