Il giallo della bottiglia contesa

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di Lucio Del Gobbo

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Il verdicchio nell’arte, ovvero, il design che apre la strada al marketing col concorso dell’arte. Titolo e sottotitolo. Detta così la cosa, potrebbe apparire misteriosa, ma è più semplice di quanto si creda. Negli anni ‘50, si cercò dalle nostre parti, esattamente nella zona di Jesi, di dare forma al verdicchio. bottiglia-contesaProprio così! Trovare linee attraenti che lo rendessero gradito oltre che al palato alla vista e a un certo buon gusto. Come si può dare forma a un vino? Ma creando una bottiglia che possa rappresentarne il carattere! Nacque così il contenitore di vetro verde che tutti conosciamo; una specie di anfora divenuta poi tipica, inconfondibile, così come lo era già all’epoca il fiasco impagliato del classico Chianti. Un oggetto, questo nostrano, che vagamente evocava i contenitori di coccio usati dagli etruschi per trasportare il loro vino via mare. Qualche fantasioso americano, affezionatosi al prodotto, considerate le forme tondeggianti della bottiglia le assimilò a quelle delle colline da cui proveniva il prezioso licore e parlò di “sexy bottle”. L’oggetto fu reputato degno di rappresentare il design italiano al Museo di Arte Moderna di New York. Una operazione di marketing di indubbia genialità, antesignana delle attuali strategie di mercato. Sin qui una storia abbastanza normale. Ma c’è un seguito che incuriosisce, capace di far nascere una disputa dai toni leggermente gialli. Alcune fonti attribuiscono la creazione della bottiglia all’architetto milanese Antonio Maiocchi, che avrebbe partorito il suo capolavoro nel 1954. Altri invece l’annoverano tra le creazioni di design di uno dei nostri maggiori autori di grafica artistica: Bruno da Osimo, che avrebbe anche corredato la bottiglia di una etichetta xilografata con motivi di assonanza greca. Delle due l’una! A meno che la bottiglia in questione non fosse sola ma due e di forme più o meno coincidenti. Seconda ipotesi: che gli autori si fossero consociati per un unico prodotto? Non ci risulta che la questione sia del tutto chiarita, e non siamo certo noi a poterla risolvere. Un piccolo giallo, dunque, da aggiungere alla lunga storia delle attribuzioni controverse, motivo di dispute alquanto accalorate tra gli appassionati d’arte. Chi non ricorda le famose sculture attribuite a Modigliani, opera invece di giovani burloni, che con il loro estro goliardico incrinarono la reputazione di uno dei maggiori storici dell’arte italiani che, avventatamente, ne certificò l’autenticità?

 

 

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