“Nel segno del mio andare”

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Un libro di Renato Pigliacampo

edito da Edizioni Simple

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Renato Pigliacampo già nel titolo del suo libro di poesie, “Nel segno del mio andare” racchiude non solo il contenuto, cioè il dipanarsi delle sue esperienze di vita, il suo andare, ma anche una sua particolarissima condizione fisica, il segno, il doversi relazionare con l’altro non con la parola ma con la gestualità delle mani. Il volumetto consta di 136, intense, pagine suddivise in sei parti: sentimento, vita, silenzio, religiosità, politica e luoghi. In appendice troviamo interventi di Diego Valeri, Cesare Zavattini, Giammario Maulo, Gastone Mosci, Giorgio Barberi Squarotti, Giancarlo Prandini, Silvano Demarchi, Luigi Martellini, Rosa Berti Sabbieti, Remo Pagnanelli e Guido Garufi, solo per citarne alcuni. Il verseggiare di Renato Pigliacampo ha un suo andamento tutto particolare, rapido, di frasi concluse, con un incedere pressante che spinge a leggere il verso successivo in modo quasi ritmico. Questo fino a che non riesci a dominare la poesia e ti svincoli dal ritmo imposto. Allora rileggi, ponderi, cominci a capire che i concetti del poeta si sviluppano in immagini, come se la parola-vibrazione divenisse reale concretezza e la poesia diventa paesaggio, i personaggi la popolano, si toccano. Il gesto diventa parola. Il silenzio, spesso imposto da Pigliacampo in quanto parte integrante di se stesso, si dissolve e sfuma, fuso nella scena. Proviamo ad analizzare alcuni versi della poesia “Inutile doglia”, scelta a caso: Mi giunge folata di vento (sembra di esserci con la sensazione tattile del vento sul corpo) mentre sul litorale cammino (c’è azione, movimento, piedi che toccano la sabbia) attendo il suo ritorno; ci spero (incertezza e speranza: sensazioni emotive). Ecco la complessità del poetare di Pigliacampo: crea una scena, ti ci inserisce fisicamente per poi renderti partecipe emozionalmente. In que-sto modo coinvolge il lettore che, attraverso l’esperienza vissuta dal poeta e tradotta in versi, comprende le altrui problematiche che, poi, in fondo, sono comuni a tutti. Chi non si è emozionato per un’attesa? Chi non ha vissuto un grande amore? Chi non ha lasciato l’altra o non è stato lasciato? Chi non ha vissuto pulsioni erotiche? Chi non si è posto domande su Dio? Chi non pensa a quanto dà, e non in senso materiale, ai propri figli? L’autore del libro, per di più, porge queste esperienze da una ottica del tutto particolare, quella di una persona che non può più ascoltare i suoni. In qualche modo ci costringe a immedesimarci nella sua situazione per donarci una esperienza che aumenta la nostra comprensione del prossimo. Certamente i versi di Pigliacampo sono impegnativi e fanno riflettere. Ma anche questo ci vuole.

Fernando Pallocchini

 

Chi è Renato Pigliacampo

Renato Pigliacampo è nato a Recanati nel 1948, è uno scrittore, poeta e saggista, autore di numerosi libri. Fra le sue ultime opere di poesia citiamo “Ascolta il mio silenzio”, “Adobe”, “Canto per Liopigama”; invece, per la narrativa ha pubblicato “Il vergaro, storia di contadini nella terra di Leopardi”, “Lettera a una logopedista”, “Una giornata con me”. Laureato all’Università “La sapienza” di Roma in pedagogia ha poi conseguito il dottorato di ricerca in sociologia e ricerca sociale. Per un decennio ha insegnato nelle scuole per sordi della capitale, è stato incaricato psicologo dirigente nella Asl di Recanati-Civitanova Marche e attualmente insegna Lingua e linguaggi per il sostegno e psicologia dei disabili sensoriali presso l’Università di Macerata. Sulle tematiche inerenti il suo lavoro ha prodotto studi e ricerche specifiche. Vincitore di molti premi letterari tra cui, per ben due volte, il premio della Cultura della presidenza del Consiglio dei Ministri.

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