Basilicam quam Capellam vocant

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Intervista all’architetto Medardo Arduino

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Sono in uscita due nuovi libri dell’architetto Medardo Arduino, oggi ci occupiamo di “Basilicam quam Capellam vocant”.

 

Perché questo titolo?

“Questo saggio riprende nel titolo la definizione scritta negli Annales Laurissienses per la Chiesa voluta e fatta edificare a sue spese da Carlomagno ad Aquisgrana. E’una doverosa precisazione in riferimento alle mie ricerche in merito al luogo di sepoltura dell’Imperatore marchigiano. Già nel 2012 avevo ipotizzato che il luogo di sepoltura di Carlomagno non potesse essere quello che era stato il suo palazzo, oggi chiesa di San Claudio, esprimendo i miei dubbi sull’interpretazione come Cappella Palatina data da Don Carnevale del particolarissimo edificio che Andrea Bacci, riprendendo nel ‘500 la memoria popolare, chiamava il palazzo di Re Carlo”.

 

Sulla vicenda della tomba di Carlomagno non si equivoca troppo sui significati delle parole?

“Su La rucola n° 183 dell’agosto 2013 avevo già accennato alla questione delle troppo ‘libere’ traduzioni dei vocaboli usati nelle poche cronache originali che si riferiscono alla sepoltura dell’imperatore, scrivendo un pezzo dal titolo Il frattazzo e la cazzuola, dove sottolineavo come termini inequivocabili fossero invece equivocati per poterlo seppellire lì dove faceva più comodo a Tedeschi, Francesi e Papalini. Poi il Centro Studi San Claudio al Chienti pubblicò un volume bilingue che annunciava la scoperta della tomba e del corpo di Carlomagno proprio a San Claudio. Un fiasco in questa direzione poteva significare la sepoltura definitiva non già dell’imperatore, ma della sua vera storia. Ripresi perciò le trascrizioni più antiche delle cronache, quelle sufficientemente attendibili, riproponendo la corretta lettura dei brani e l’esatto uso dei vocaboli ‘tecnici’ riferentisi alla sepoltura imperiale. I brani più importanti sono solo quattro, furono scritti fra il IX e l’XI secolo in riferimento a fatti contemporanei”.

 

Il risultato delle sue ricerche dove lo ha condotto?

“Il risultato della ricerca è stato davvero interesssante e ha spostato alla Basilica di Santa Maria a piè di Chienti il luogo della tumulazione, voluto invece dagli storici transalpini a Bad Aachen, nella famosa Cappella che oggi vediamo solo nella completa fantasiosa ricostruzione effettuata a fine ‘800 di un edificio di cui nessuno ha voluto o saputo investigare sull’origine, ma che non ha e non ha mai avuto alcunché di riferibile alla basilica e alla tumulazione che Ademaro da Castel Potenza disegnò con la nota Hic requiescit Karolus imp.”.

 

Che ne pensa dei ‘buchi’ fatti a San Claudio?

“Le discutibili indagini invasive condotte a San Claudio hanno dimostrato l’infondatezza dell’annuncio sulla sepoltura e l’inopportuna applicazione di una lapide commemorativa”.

 

Passiamo alle indagini condotte a Santa Maria a pié di Chienti con il georadar: risultati eclatanti?

“Dopo aver proposto un progetto di esami scientifici degli edifici alto medioevali marchigiani attendevo i potenziali finanziamenti regionali alla ricerca per proseguire. Poi, con il supporto del Laboratorio studi Francia Antiqua, con la buona volontà dei geologi della società GEA di Ascoli che hanno offerto il loro lavoro e con l’autorizzazione del Comune di Montecosaro, proprietario dell’edificio, sono state condotte prospezioni Georadar nell’immediato sottosuolo della basilica, limitatamente agli spazi liberi dagli arredi sacri e dai pannelli del riscaldamento. I risultati di questi primi rilievi confermano l’opportunità di continuare le ricerche scientifiche”.

 

Sappiamo di un risultato straordinario, ci anticipa qualche cosa?

“Per saperne di più e per comparare questo lavoro con le mille versioni della sepoltura imperiale che lo vogliono dappertutto tranne che nel luogo più probabile, individuato per primo da me, non c’è altro da fare che leggere il saggio”.

 

Del secondo libro di prossima uscita che ci dice?

“Che stravolge tutte le convinzioni sulla storia delle Marche e dell’intera Europa, le mie ipotesi sono basate su aspetti concreti e documentate con un ampio corredo di immagini”.

Fernando Pallocchini

 

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