I cancelli sono tornati, finalmente!

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di Siriano Evangelisti

 p 7 foglietto-erinnofilo

Era una bella somma, 16mila lire, 132 anni fa ma gli amministratori del tempo scelsero di pagare così tanto per i cancelli a chiusura della barriera di porta Romana anche perché l’opera era in ghisa, realizzata dalla ditta Rodolfo Boccolini di Ancona, mentre l’altra sola offerta, presentata da un certo ingegner Piccoloni prevedeva un costo di sole 6000 lire, trasporto e montaggio inclusi ma era in ferro battuto e, soprattutto, veniva dall’estero: a quei tempi era prassi comune favorire l’industria nazionale. Grandi furono le feste per la inaugurazione di fine marzo 1882: la musica, nel largo della barriera, a cura della banda cittadina, i fuochi artificiali, il Borgo nuovo (ora corso Cavour) e adiacenze splendidamente illuminati. Finiti i festeggiamenti, però, cominciarono subito i problemi: si notò che “la barriera era molto dura a lasciarsi aprire e visto che dopo aperta assai difficilmente si potrebbe chiudere, si venne alla necessaria determinazione di lasciarla chiusa”. Così scriveva il cronista del “Vessillo delle Marche”, aggiungendo “la presente barriera non si apre e non si chiude”; ma una soluzione bisognava pur trovarla, per cui il cronista sollecitava vivamente l’amministrazione comunale ad aprire la barriera. Finalmente, il 20 maggio il giornalista poté comunicare ai lettori che “la barriera era stata riaperta ma che abbisognavano sforzi erculei per aprirla e chiuderla”, con un discreto accenno alle imprecazioni del personale addetto ogni giorno alla bisogna. Per quanto tempo ciò si sarà verificato? Nessun cenno è nelle cronache degli anni successivi. Da un certo tempo i cancelli rimasero aperti, a eccezione di un giorno degli anni ‘50 o giù di lì, quando una trentina di baldi giovani dell’oratorio parrocchiale del Duomo, in gita a Loreto, all’alba pensarono di fare uno scherzo agli addormentati concittadini e soprattutto agli operai del Comune, che dovettero sobbarcarsi della “erculea fatica” della riapertura. Un ulteriore movimento si verificò nel 1988, quando i Cancelli vennero restaurati dal Lions Club cittadino, che curò anche la stampa di un volumetto e di una incisione di Virgì Bonifazi. Aperti o chiusi, i Cancelli di porta Romana sono comunque un capolavoro artistico di fine ‘800, il cui ritorno costituirà un richiamo turistico, insieme con lo Sferisterio, con i musei di palazzo Buonaccorsi e con l’orologio antico della torre. Sulla valenza artistica dei Cancelli ricordo un fatto che accadde nell’ormai lontano 1984, quando in occasione di una manifestazione filatelica nazionale, si richiese al Poligrafico dello Stato la stampa di un foglietto erinnofilo illustrato con lo Sferisterio e la Loggia dei Mercanti, i monumenti della città più noti a quel tempo. Con grande sorpresa, il foglietto realizzato dal Poligrafico presentava, in formato francobollo, la Loggia dei Mercanti, ma la stessa era inserita su un fondo rosso damascato con l’inconfondibile sagoma dei Cancelli. A Roma, quindi, l’opera era ben conosciuta e apprezzata, tanto da disattendere, in parte ma in meglio, la richiesta dei committenti. Dei Cancelli ne parla anche il maestro Valeriano Trubbiani, in uno scritto del 1988 a chiusura del primo volume de “La città sul palcoscenico” dei fratelli Torresi. “Spero che qualcuno chiuda i Cancelli della città, stasera. Mi sentirei più tranquillo”. Così scriveva l’artista riferendosi ai ricordi degli anni di guerra, ma con l’aria che tira oggi, non solo a Parigi e dintorni, le sue parole tornano più che mai di attualità, perché nuovi barbari stanno tornando.

 

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