Notizie vere, curiose e divertenti tratte da “Dicerie popolari marchigiane”

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di Claudio Principi

padrone pessimo 

Un padrone “pessimo”

Un proprietario terriero di Monte San Giusto era soprannominato Lu Pèsciumu (il pessimo) per la sua esosità. Per dare una idea di come regolava i suoi rapporti con i coloni basterà dire che disponeva di un anello calibrato per la misurazione delle uova che i contadini erano tenuti a portargli per regalia: le uova che passavano attraverso l’anello, quindi piccole, tróppo ciuche, venivano da lui respinte. Pretendeva che i capponi previsti per Natale pesassero almeno 3 chili ognuno e faceva pagare il peso eventualmente mancante al contadino a prezzo di mercato, oppure li respingeva invitando il contadino a fare acquisti o baratti per ottemperare regolarmente al debito. Era un padrone così diffidente che contava così le pannocchie sul campo di granturco: divideva lu randurcà in due parti, assegnando una parte a sé e l’altra al contadino. Ognuno effettuava la cónda de li scartocci (il conto delle pannocchie) della sua parte per poi passare a lu rescóndru (al riscontro), cioè a contare la parte già contata dall’altro: tu rcóndi li mìa, io li tua (tu riconti i miei, io i tuoi). Infine si faceva lu ragguàju (il conguaglio) tra le pannocchie piccole e quelle grosse: per ogni mille scartocci si calcolava una resa di un quintale di granturco e quindi la previsione sul raccolto dell’anno era fatta. Lu Pèsciumu non scherzava mai; una volta un contadino tardava a portargli i polli previsti e alla richiesta di una spiegazione costui buttò là un detto proverbiale spiritoso: “Sai patró, li pùji no’ li câo a ‘cchjappà’, me dòrme de fòri!” (Sai padrone, i polli non riesco a prenderli, mi dormono di fuori!) Lu Pèsciumu minacciò subito: “A ddurmì’ de fòri ce manno a te con tutta la faméja, se per dimatina non me li pòrti!” (A dormire di fuori ci mando te con tutta la tua famiglia se per domattina non me li porti!).

 

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