di Claudio Principi
Un ladro di polli
Ho intercettato questo dialogo fra due donne: “Lu fiju de Lèlla, quanno lu vó’ vedé’, ci-ha sembre sonnu, camina all’uru come li somari, fa lu rumasòtta, non guarda su la faccia a gnisciù… dico: ma se po’ sapé’ che fa’, de che camba?” (Il figlio di Lella, quando lo vuoi vedere, ha sempre sonno, cammina sul margine -della via- come i somari, fa il borbottone, non guarda in faccia a nessuno… dico: si può sapere che fa, di cosa campa?). “Eh, te lo póli ‘mmajenà’: s’adè tre zambe, un paru adè sicuru!” (Eh, te lo puoi immaginare: se sono tre zampe, un paio è sicuro!). Incuriosito non dal pettegolezzo ma dalla locuzione della seconda donna, fu essa stessa, dopo avermi spiegato che voleva dire chiaramente “ladro di polli”, me ne ha dato la spiegazione, che è questa: nei tempi andati un famoso ladro di polli, u’ rrubbagajine, decise che il figlioletto doveva pistà’ le pedecate sue (camminare sulle sue orme o fare il suo stesso mestiere) e una certa notte lo iniziò all’arte portandolo con sé. Il ragazzo era un po’ tontarello e anche molto emozionato, quindi allorché introdusse per la prima volta una mano nel pollaio, avendo afferrato tre zampe e figurandosi di avere a che fare con chissà che animale, chiese frastornato al padre: “Oddio! So ‘chjappato tre zzambe: e cche dè?” (Oddio! Ho acchiappato tre zampe: e cos’è?). Rispose il padre: “S’adè tre zambe adè un paru sicuru!” (Se sono tre zampe è un paio sicuro!). Questa risposta viene tuttora usata per designare i ladri di polli.
Furto con sfottò
A proposito di rubbagajine, conosciutissimo è il cartello che uno di questi lasciò in un pollaio dopo una sua razzia notturna. Eccolo:
Cara vergara,
se vvóli jì ppara,
rmìtti la viòcca – e rmìttala présto:
ll’annu che vvè – te rfréco l’istésso!
(Cara vergara, / se vuoi far pari, / rimetti la biocca – e rimettila presto: / l’anno prossimo – ti frego lo stesso!)
