Il rosso fiore della violenza XXXIX puntata

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Angela Barilatti schizzava con la potente moto di Alberto, attraverso le strade intasate di traffico. Il tascapane con la P.38 e due bombe molotov pesava fastidiosamente. La paura che potesse essere intercettata da qualche pattuglia della Stradale era il suo cruccio costante. Il sentimento che più la torturava, in quei momenti così drammatici, era invece il bisogno di telefonare a suo padre. Da quando aveva scoperto le sue precarie condizioni di salute a causa di quel suo brutto infarto, non aveva più smesso di pensare a lui e alla possibilità di fargli recapitare un messaggio. Lei era anche convinta che in futuro gli sarebbe difficilmente capitata un’altra occasione di girare sola per la città ed essere quindi in condizione di poterlo fare. Considerava pure il rischio che avrebbe corso se Alberto lo avesse scoperto. Poi si rincuorava pensando alla prova di fiducia che il suo ragazzo le aveva dimostrato affidandole la moto e la pistola, il che equivaleva all’aver messo nelle sue mani la sua stessa vita. Che danno poteva arrecare alla causa se lei telefonava al padre? Sarebbe stato un messaggio breve; giusto il tempo di chiedere sue notizie e rassicurarlo che lei stava bene. Alla prima cabina telefonica si fermò, decisa a realizzare il suo proposito. Parcheggiata la moto ai bordi del marciapiede ed entrata in cabina, fece velocemente il numero telefonico. “Pronto chi parla?” rispose la Tata. Angela provò un’intensa emozione nell’ascoltare quella voce  e tutta una gamma di sentimenti si sprigionò dal suo cuore; aveva la fronte sudata e le gambe molli. Con voce flebile le disse: “Tata, sono Angela!” – “Madonna Santissima, sei proprio tu, piccola mia?” e scoppiò a singhiozzare. “Tata, ti prego, ho poco tempo, passami subito papà, per favore”. – “Chi è al telefono?” chiese Beatrice, sopraggiunta nel frattempo. “Angela, Angela, la nostra piccina! Corro a dirlo al signor Avvocato” rispose emozionatissima la vecchia Tata. “Fermati, guai a te se lo fai!” – “Ma, perché?” chiese quella sorpresa. Angela scalpitava dall’ansia e dalla fretta di parlare con suo padre. Voleva sbrigarsi al più presto per non far tardi all’appuntamento che aveva con Alberto. Percepiva un bisbiglio di voci nella cornetta, ma non ne capiva niente; finalmente sentì la voce di Beatrice che con tono freddo e distaccato le chiese: “Che cosa vuoi, Angela?” – “Come cosa voglio! Voglio parlare con mio padre”. – “Hai pensato bene al rischio che gli fai correre? Ascoltare la tua voce potrebbe essergli fatale”. – “Lascia a me questa responsabilità. Io devo parlargli!” – “Ci dovevi pensare prima alle conseguenze, ormai è troppo tardi! Il male che volevi fargli, glielo hai già fatto. Non c’è più tempo, né possibilità di porvi rimedio. Sei uscita dalla famiglia di tua spontanea volontà, ebbene restaci per sempre e lasciaci in pace!” Stava per riattaccare quando Angela le disse con tono duro e deciso: “Ascoltami Beatrice, tu sai che io non ti ho mai potuto soffrire e se ho fatto ciò che ho fatto la colpa è anche tua. Il passato comunque per me ormai non conta più. T i giuro però che se tu non mi passi subito papà io, dovessi impiegarci una vita, ti pianterò una pal lottola tra gli occhi! Non mi aspetto più niente dalla vita e dopo questa telefonata sparirò per sempre, perciò valuta bene le tue convenienze”. Beatrice percepì nella voce di Angela qualcosa d’inappellabile e di violento. Comprese anche che quella non era più l’Angela che lei conosceva, ma una donna dura e determinata. “Va bene, lo vado a chiamare”. Rispose Beatrice chiaramente spaventata. L’odio reciproco di quelle due giovani donne era provocato da motivi diversi ma chiari: gelosia, rivalità, opportunismo, e quant’altro cadeva giornalmente nei pentoloni ribollenti che erano diventate le loro coscienze. Beatrice, ex segretaria dell’Avvocato, approdata al cuore e al letto di quel maturo vedovo, all’inizio della relazione aveva valutato bene i pro e i contro, ma più i pro che i contro, anche la possibilità d’una sorda resistenza da parte di quell’unica figlia; Angela, invece, a causa dell’intenso affetto che provava per il padre, aveva visto in quella giovane e avvenente segretaria una piovra dai mille tentacoli che le contendeva l’unico affetto che contava per lei in quel momento. La fuga di Angela era stata per la matrigna un miracolo, tanto più gradito perché assolutamente inatteso. Ora il tono minaccioso della sua voce le fece temere che un suo prossimo ritorno sarebbe stato tutto a suo svantaggio: lei percepiva che il marito, roso dal rimorso, avrebbe riaccolto la figlia a braccia aperte e le avrebbe ridonato tutto il bene che Beatrice le aveva saputo rubare. “Pronto, pronto, Angela dove sei, come stai? Ritorna da me, ti prego, faremo tutto ciò che vorrai e ti prometto che staremo sempre insieme”. Angela aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore gonfio; voleva riattaccare perché non trovava né la forza, né le parole: il suono di quella voce la proiettava indietro nel tempo, quando bambina, innamoratissima di quell’uomo che la portava a cavalcioni per il parco, inventando bellissime fiabe che narravano di principesse bionde e di principi azzurri e di draghi dagli occhi di fuoco; di quell’uomo che le aveva donato quella vita che lei ora stava sciupando. Si accorse, guardando fuori della cabina, che un uomo dal pizzo caprigno e dagli occhi grifagni, la stava spiando dall’interno d’una macchina, parcheggiata dietro la moto. Lei fece scorrere lentamente la mano nel suo tascapane e impugnò nervosamente il calcio della P.38, aspettando con ansia una sua eventuale mossa. “Papà, papà, calmati, ti prego, fammi parlare senza interrompermi, perché non è detto che in futuro avremo un’altra possibilità. Ti voglio chiedere perdono per tutto il male che ti sto facendo, ma credimi, tu non ne hai alcuna colpa. Ciò che ho fatto è soltanto frutto della mia volontà. Come già ti scrissi, mi sono innamorata di un uomo, forse sbagliato, ma è il mio uomo e non ci posso  far  niente. Tutti  i rischi  che sto  correndo  ti danno la misura di quanto grande è il mio amore per lui. Purtroppo la strada che ho imboccato non mi porterà a niente di buono, perciò prima di scomparire per sempre, volevo ascoltare ancora una volta la tua voce e dirti che ti amerò sempre come sempre t’ho amato!”

Continua…

5 ottobre 2017  

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