Federalismo sì, ma solidale e senza scissione dall’Italia

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Il referendum consultivo sulla necessità dell’autonomia non solo finanziaria delle Regioni, indetto dalle sole Veneto e Lombardia, rispetto agli accentramenti dello Stato centralistico è sfuggito alle logiche propagandistiche dei sui promotori e ha posto un problema vero che non muore: rilanciare il federalismo e non la scissione dallo Stato italiano. Ha fatto bene il Sindaco di Milano e dell’area metropolitana a promuovere il voto per questa iniziativa (speriamo che altri aderiscano), interpretando la voglia di autonomia presente in molte regioni italiane, e che non solamente le Regioni a statuto speciale hanno tradito, a partire dalla Sicilia con i suoi sperperi.

 

Un modo di essere vicini alle esigenze del popolo

Ho sempre pensato il federalismo (non è il decentramento dei poteri statali) come un modo concreto per superare il nazionalismo e ogni strumentalità, un antidoto contro ogni tipo di accentramento, un modo, assieme con i Comuni, per essere più vicini al popolo e alle sue esigenze, specialmente in un momento come questo di forte contrazione della partecipazione e di disaffezione, dalla “politica”, è importante poter controllare una larga parte delle risorse prodotte nei territori e finalizzare gli investimenti rispetto alle priorità volute dai cittadini.

 

Oggi c’è solo “decentramento”

Non ci può essere, comunque, un sostanziale federalismo con un assetto istituzionale delle autonomie locali come l’attuale, senza la definizione delle macroregioni con poteri uguali tra loro e aperte alle aree europee: con 21 regioni tra piccole,  grandi  e speciali, più di 8mila Comuni e con molte Unioni Montane si può ottenere solo il “decentramento”. Lo Stato nazionale non è disponibile, se non per pezzi insignificanti, ad abbandonare il proprio potere politico e burocratico, quindi la lotta per il federalismo è legata al cambiamento e alla costruzione, in tempi brevi, di un soggetto simile a quello di una Europa, anch’essa federale, ma meno timida politicamente nel ritrovare i suoi valori fondativi, capace di superare i nazionalismi che inceppano la sua presenza in un mondo dove nessuno può più fare e stare da solo, e alla costruzione di uno Stato moderno e maggiormente “avvicinabile” da parte dei cittadini. 

 

Giudizio negativo sulle attuali Regioni

Il federalismo vero, e non la cosiddetta “devoluzione” che ha visto la sua apparizione sbagliata anche in Costituzione, in Italia deve misurarsi, come abbiamo già detto (è bene ripeterlo fino alla noia), con una tenace resistenza delle strutture centrali a realizzarlo e di molti cittadini che danno un giudizio negativo sull’operato delle attuali Regioni, e con altri pericoli: meccanismi procedurali che si scoprono di un centralismo superiore a quello voluto e un decentramento nei fatti inesistente con il mantenimento di strutture burocratiche duplicative.

 

Il federalismo e il terremoto

La richiesta di federalismo e di maggiori e migliori servizi di qualità diventa più cogente man mano che una società (non mi pare il caso di parlare di persone, anche perché la forbice tra ricchi e poveri tende sempre più ad allargarsi) diventa più ricca, e non c’è  dubbio  che  un  governo  locale appaia in grado di soddisfare meglio questi bisogni, specialmente in presenza di una amministrazione statale centrale che pecca di inefficienza, anche perché più procedono la sussidiarietà europea, l’unitarietà dei sistemi economici e la globalizzazione, più lo Stato perde il controllo delle “ricchezze nazionali” e del reddito d’impresa. La crescente difficoltà del prelievo fiscale dovrebbe indurre gli Stati a dare più spazio al prelievo locale, perché la pratica insegna che a livello locale il contribuente fa meno resistenza alla tassazione, sapendo che il denaro prelevato viene speso a vantaggio della comunità locale. Bisogna che i territori a più alta produttività abbiano più risorse, e parimenti occorre attuare la redistribuzione solidaristica che, ovviamente, esige trasferimenti a favore delle aree più deboli e non genericamente nel “Mezzogiorno”, perché lo Stato con le sue politiche assistenziali ha speso molto ma ha realizzato ben poco.

La domanda oggi è: “Il federalismo sarebbe stato più utile nella gestione del terremoto?” Crediamo proprio di sì.

Giulio Lattanzi

9 ottobre 2017

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