Riflessioni su un pianeta sempre più dominato dal caos: divulgate e dialoghiamo

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Esprimo qualche impressione ed esperienza personale maturate durante i miei quasi 24 anni di scrittura amatoriale, per pura passione. Anche se è un fatto naturale, lo voglio riferire lo stesso, durante i colloqui, le conversazioni e le interviste, ho appreso che ognuno ha i suoi argomenti preferiti. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una lieve forma di pigrizia, perché allargare gli orizzonti, apprendendo di altri argomenti, costa impegno e tempo.

A volte si ha l’impressione, che i docenti, non troppo disposti alla divulgazione, apprezzino solo materie trattate scientificamente e correttamente dai punti di vista accademico e didattico. L’esasperata ricerca di sensazionalismo e scoop fa sì che un po’ di colpa l’abbiano anche i giornalisti, faccio un esempio. In prima pagina quando Trump, (l’ex inquilino della Casa Bianca che potrebbe essere rieletto) si ritirava dall’Unesco; minor evidenza quando Putin ha disconosciuto i trattati di proliferazione nucleare firmati dai suoi predecessori; nessuna notizia quando pare che il presidente Joe Biden sia rientrato in qualche trattato.

Durante un’aggressione o la consumazione di reati le decisioni devono essere rapide ed efficaci, non c’è tempo per le disquisizioni filosofiche e psicologiche. Ecco perché gli addetti alla sicurezza e alla difesa, non hanno sempre la possibilità di mediare. I giudici poi decideranno con cura. Tuttavia, c’è bisogno anche di loro, non per un regime stile “repubblica delle banane”, ma per i compiti a loro attribuiti dalla costituzione e dai trattati internazionali ancora in vigore. Sperando che non tutti gli accordi plurinazionali siano stracciati o rimessi in discussione.

Gli appassionati di storia, usi, costumi e folclore (tutto locale) non amano mettere il naso fuori dai loro ristretti territori comunali. Si chiamano campanilisti, ma io li chiamo anche parrocchialisti; le nostre realtà possono avere anche meno di duemila anime. I religiosi di rado si avventurano al di fuori di quanto riportato nelle sacre scritture e del “creato”. I missionari all’estero però meritano stima e apprezzamenti per il diverso modo di interfacciarsi con l’altro. Ognuno ha le sue ragioni, poi i posteri decideranno se buone o meno. Ho compreso che in questa società iper-specializzata, la cultura media non conta e non serve più.

L’amico Bruno Cardarelli mi ha fatto notare (e ce n’è bisogno) che la specializzazione, in tempi di crisi gravissime, può essere pericolosa: in un gruppo di persone se manca l’esperto non si fa più nulla. Mentre una volta, per sopravvivere, ognuno cercava di adattarsi a fare cose non conosciute. Alle persone semplici chi ci pensa? Spesso sono quelle le più curiose, quelle che desiderano ardentemente scoprire e apprendere le sfaccettature della vita, della società e del mondo. Gli umili e coloro che sono provvisti solo di una discreta cultura generale hanno il bisogno e il sacrosanto diritto di ascoltare e leggere in un linguaggio a loro chiaro e ben comprensibile. Gli orticelli chiusi possono rappresentare fratture e disarticolazioni della società.

In una epoca dove le gravissime crisi sono sovrapposte (o accavallate se si preferisce) non ce lo possiamo permettere, perché ci vorrebbe una migliore comunità di intenti. Pensiamo di più al bene comune, alla res publica e meno ai bisogni individuali. Non si può sempre litigare, essere divisivi e contrari a oltranza a ogni accordo e compromesso, mentre gli attacchi reali, ibridi e le minacce provengono da tutte le parti, specialmente in una epoca di guerre, epidemie, carestie (sì anche quelle), degradazione delle democrazie e perdita di molti diritti e del progresso sociale faticosamente acquisiti dopo l’ultimo conflitto mondiale.

La divulgazione, la conversazione, il dialogo e il confronto civile possono ricomporre gran parte di queste rotture. Prima che le fratture ossee reali ce le causi qualche missile da crociera o intercontinentale, fatto partire non certo per errore. Per questo scritto le mie riflessioni sono partite dalla lettura di un paio di articoli ai quali mi piace accennare. Il 18 marzo 1981, in Italia, iniziò il programma televisivo “Quark” ideato e condotto dall’indimenticabile Piero Angela, la prima trasmissione di divulgazione scientifica. Il programma che spiegò in termini comprensibili il mondo della scienza al vasto pubblico ebbe molto successo. Piero Angela divenne un personaggio della TV molto amato per la sua capacità di divulgazione, affabilità ed eleganza.

Nel febbraio 2024 Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, presentando all’Assemblea generale le sue priorità per il 2024, ha detto: “Il nostro mondo sta entrando in un’era di caos” criticando le divisioni senza precedenti del Consiglio di Sicurezza: esse bloccano le decisioni sui terribili conflitti in aumento. Incuriosito dai lanci di missili, a dir poco sconsiderati, dalla Corea del Nord  verso il mar del Giappone, da un Paese dove si possono verificare altre carestie, mi sono chiesto i costi, ossia lo spreco. Dal Corriere della Sera articolo “Nord Corea, quanto costano i missili di Kim?” di Guido Olimpio e Guido Santevecchi, dall’11 settembre 2017 si evince che un missile balistico a lungo raggio costa ai contribuenti nord coreani tra i cinque e i dieci milioni di dollari! Non servono commenti. L’umanità ha già troppe crisi, come quella climatica, della biodiversità, dell’esaurimento delle risorse, e in ultimo, ma non meno importante, l’inquinamento, per essere coinvolta in continue guerre, sempre più devastanti. Fatevi capire e ritorniamo a mediare al tavolo delle trattative, prima che sia troppo tardi.

Eno Santecchia

28 aprile 2024

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