Antichi archivi marchigiani persi e dispersi: volutamente?

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Una prova archeologia conferma quanto detto su “la storia dei popoli delle Marche ovvero l’origine d’Europa”. L’ottobre scorso, ho presentato il mio libro “la storia dei popoli delle Marche ovvero l’origine d’Europa” dove, senza cambiare una virgola riguardo alla storia ufficiale, parlo di una geografia della storia difforme da quella proposta fino ad oggi, il periodo trattato è molto lungo, va dai popoli residenti nelle odierne Marche secoli prima della nascita di Roma, alla romanizzazione e al medioevo, fino alla metà del XV secolo.

 

Nomi dalle città di provenienza

Dico che la maggioranza degli eventi riportati dall’ufficialità nelle odierne Germania, Francia e Austria, sono in realtà successi nel nostro territorio ove pure ho individuato le città dove sono accaduti, queste, naturalmente, hanno o avevano, i nomi di quelle che, oggi, sono al di là delle Alpi. Tale omonimia sussiste, a mio parere, in quanto le truppe romane quando andarono a conquistare le sconfinante lande dell’Europa continentale dovettero dare ai loro insediamenti i nomi delle loro città di provenienza, esattamente come fecero coloro che si trasferirono, secoli dopo, negli Stati Uniti. La mia ricerca è corredata da prove, perché è chiaro che ci vogliono prove  per fare delle affermazioni e servono punti fermi per operare deduzioni logiche.

 

Quali documenti?

Una tale ricerca porta a un cambiamento radicale rispetto a quanto detto dall’ufficialità e in molti chiedono prove nei documenti. Il punto è: quali documenti? Quelli rimasti riguardanti epoche antiche sono pochissimi in quanto tutti gli archivi dei comuni marchigiani intorno alla metà del XV secolo sono andati a fuoco o sono stati rubati… un caso? Ma ancora, la maggior parte di ciò che era rimasto è stato portato nell’odierna Francia da Napoleone Bonaparte in modo ufficiale in quanto stabilito dal Trattato di Tolentino: in Francia oggi, naturalmente, non vi è un fondo “marchigiano” dove poter rintracciare tale documentazione! E gli stessi documenti, vista l’omonimia delle città e anche di territori e finanche dei corsi d’acqua (il Reno per esempio è un fiume che scorre in Germania ma pure in Italia) vanno a confermare ciò che risulta essere falso in quanto il documento, all’origine, si trovava in quella regione che oggi chiamiamo Marche e quindi i fatti riferiti su quei documenti si riferiscono a città oggi marchigiane e non a città oggi presenti in Germania, Francia e così via. Eppure molti scettici continuano a chiedere prove documentali e, a volte, per confutare quanto riportato sul mio lavoro, citano documentazioni che troviamo riportate in bella mostra sulle note delle pubblicazioni dell’ufficialità che però sono farlocche in quanto queste pubblicazioni non sono originali ma documenti copiati non si sa da chi, non si sa quando e non si sa perché! E allora perché queste prove non si chiedono all’ufficialità?!

 

Noto medievista in imbarazzo

Io l’ho fatto. Ho chiesto a un noto medievista su quali prove si basa l’ufficialità (i documenti sono beni mobili che si possono portare senza problemi da un posto all’altro del globo, i documenti, a esempio medioevali, sono scritti in latino e quindi, in costanza di omonimia tra città oggi marchigiane e quelle oggi tedesche o francesi non si può dire con certezza a quale luogo questi si riferiscano), ho chiesto  all’illustre  medievista prove materiali di ciò che l’ufficialità afferma; ho chiesto: “Ci sono resti archeologici della famosa cattedrale che Carlo Magno, secondo quanto affermano i documenti, fece costruire a Ratisbona? Ci sono accanto alla cappella palatina di Aquisgrana i resti di una città che necessariamente doveva esserci essendo questa località ‘capitale’ di un impero con le sue esigenze abitative per la servitù, per la corte, per gli amministrativi, città dove pure fu portata la statua di Teodorico?” Il professore non risponde. Il silenzio dell’ufficialità dice che non ci sono riscontri archeologici. Allora come si può affermare che la Storia sia passata da quelle parti? Come poteva Parigi, capitale dell’intera Francia essere tutta nell’ambito della minuscola isola posta all’interno della Senna senza neppure le mura di difesa? Si sono trovati i resti della reggia dei re Merovingi di Francia, dei successivi, degli edifici dei quali i documenti parlano?!”

 

Voglio prove! attendibili quelle archeologiche

Perché, tutti insieme, non chiediamo prove attendibili all’ufficialità, invece di dibattere tra noi su chi ha ragione e su chi ha torto? Perché, soprattutto, coloro che sono legittimamente scettici non lo fanno? Sono disposta ad accettare di avere torto ma… voglio prove! e sicuramente quelle archeologiche sono le uniche che possono dare certezza perché sono rimaste lì, nel luogo geografico dove tutto avvenne. Nessuno può dire “qui c’è stata una città” se non vi sono, sotto terra, le prove di questa affermazione, come nessuno può affermare che qui vi sia stato il nulla quando l’archeologia dimostra la presenza di una città, di un tempio, di una fonte, di necropoli.

 

Gli scavi a Villamagna

A proposito di prove archeologiche… da qualche tempo in località Villa Magna, nell’ambito dell’antica città di Urbs Salvia, sono ricominciati gli scavi. Ricordo, in proposito, un accorato appello del compianto on. Roberto Massi nell’Aula magna dell’università di Macerata, fatto per sollecitare gli archeologi a ricominciare il loro lavoro, perché Lui voleva sapere cosa davvero fossero tutti quei muri venuti alla luce. Gli avevano detto che quella era una villa rurale con delle piccole sovrapposizioni medioevali ma Lui mica se l’era  bevuta: erano troppo maestose, troppo estese quelle costruzioni. Finalmente, è storia di oggi, ci sono riscontri tangibili a quanto da me affermato nella mia pubblicazione “La storia dei popoli delle Marche ovvero l’origine d’Europa”!

 

Salvia, sorella dell’imperatore Ottone

In detto libro, ho parlato dell’importante famiglia dei Salvi tra i cui esponenti vi fu pure un imperatore romano, Ottone, regnante nel 69 d.C.. A un certo punto, secondo gli storici, la famiglia imperiale si estinse, ma questi non tengono conto di Salvia, sorella dell’imperatore Ottone. Di questa nelle pagine 95 e 96 della mia pubblicazione dico: “E Salvia?” Pur non avendo certezza che questa si sia coniugata o meno con Druso il Germanico, comunque rimaneva  la sorella di Marco Salvio Ottone e i suoi figli, in quanto unici nipoti dello stesso, avranno sicuramente, com’era d’uso, assunto il prestigioso cognome della madre, lo stesso del loro zio imperatore.

 

La fuga da Roma

Da quanto sopra si può supporre che Salvia rimase a vivere a Roma indisturbata dall’imperatore Vitellio così come suo nipote Cocceiano ma quando, con l’avvento di Domiziano, il nipote venne fatto uccidere, la stessa, per non subire la medesima sorte, sarà fuggita da Roma e per scampare il pericolo si sarà rifugiata tra la sua gens Salvia in una città che poi prese il suo nome, Urbs Salvia, che letteralmente vuol dire proprio “la città di Salvia”, d’interesse il fatto che, secondo gli storici ufficiali, la città prese tale nome proprio nel secolo in cui è vissuta Salvia, sorella di Ottone e, inoltre, con tale ricostruzione si comprende come Salvia, sorella dell’imperatore, abbia voluto definire l’abitato nel quale andò a risiedere, non Civitas, come tutte le città romane ma Urbe, esattamente come veniva chiamata Roma. Urbs Salvia è infatti l’unica città di epoca romana che non ha il titolo di Civitas ma di Urbe esattamente come Roma; del perché di questo unicum gli storici non sanno dare risposta.

 

Gli Ottoni

Nell’ambito della stessa gens Salvia, la famiglia degli Ottoni dovette, per secoli, godere di notevole prestigio tanto che appare naturale apprendere che uno dei Conti Palatini di Carlo Magno si chiamava proprio Ottone e che, nel successivo, ben tre imperatori del Sacro Romano Impero, ebbero questo nome e l’ultimo di questi, Ottone III, si comprende anche il perché, fece, come si vedrà in seguito, di Urbs Salvia la sua “nuova Roma”. Recenti scavi, nel territorio denominato “Villa Magna” posto su di un altipiano sovrastante l’area archeologica di Urbs Salvia, hanno riportato alla luce importanti edifici riferibili all’età romana con sovrapposizioni riconducibili a epoca medioevale.

 

Il palazzo imperiale

Gli storici e gli archeologi non sono riusciti a comprendere la funzione di queste monumentali costruzioni che verosimilmente, dovevano essere il Palazzo di Salvia prima, e di Ottone III poi. Dopo poco più di due secoli dalla fine di Ottone III, Urbisaglia sarà citata da Dante Alighieri nel suo “Paradiso”, ricordando come anche le grandi e prestigiose città possono avere termine. Quanto detto merita una precisazione: vi fu pure un Ottone IV imperatore del sacro romano impero ma questi non è stato citato per motivi che in questa occasione sarebbe lungo spiegare. Al momento, visto che non vanto una conoscenza personale, da queste pagine voglio ringraziare pubblicamente il professor Roberto Perna per aver portato alla luce un edificio di tali dimensioni e ricchezza che, tranquillamente, può essere assimilabile a un palazzo imperiale adibito alla residenza di Salvia, sorella dell’Imperatore romano Ottone e, nel medioevo, riutilizzato dall’Imperatore Ottone III che fece di Urbs Salvia la sua nuova Roma.

Simonetta Torresi

14 ottobre 2017

 

 

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