Macerata non è una città violenta, né violenti sono i suoi abitanti

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Macerata non è una città violenta, né violenti sono i suoi abitanti. I recenti fatti di cronaca hanno avuto per protagonisti un ragazza di Roma, un nigeriano e un tolentinate. Macerata è stata solo il teatro degli avvenimenti. I maceratesi sono rimasti sconvolti e addolorati  per Pamela e sono rimasti calmi ad aspettare la fine della sparatoria, preoccupati per la sorte dei loro figli chiusi nelle scuole, ancorché allibiti per quanto stava accadendo nella civile Macerata.

Quello che è accaduto a Macerata sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra città d’Italia, nazione che sta diventando una polveriera a causa di una immigrazione imposta e fuori controllo.

Macerata non ha colpe.

La colpa è di chi continua a far restare in Italia chi non ne ha i requisiti.

La colpa è di chi lascia libero uno spacciatore già arrestato un anno prima.

La colpa è di chi mette i giovani in condizione di ricorrere alla droga.

La colpa è di chi non aiuta le famiglie ad affrontare il problema droga.

La colpa è di chi ha abolito i manicomi invece di aggiornarli per aiutare le persone con problemi mentali.

La colpa è dei politici che spendono i soldi degli italiani per una accoglienza che tale non è ma è un affare per chi lucra sulla povera gente.

La colpa è di quegli amministratori pubblici che non pensano alle conseguenze future di una integrazione difficile da ottenere, che ha bisogno di tempi lunghissimi per amalgamare culture tanto diverse fra loro.

Due giorni fa abbiamo pubblicato un articolo (purtroppo letto pochissimo – https://www.larucola.org/2018/02/02/cammino-missionario-per-il-2018-lincontro-con-il-diverso) su una bella iniziativa che a Macerata si rinnova ogni anno, un cammino missionario che porta i volontari ad aiutare le missioni in Togo e in Egitto. Questa è la via di chi vuole aiutare il prossimo a crescere.

Quindi, Macerata non ha colpe, non è una città violenta ma, come leggete nelle ultime righe qui sopra, è una città civile che tende ad aiutare “l’altro” e lo fa andando nella sua casa.

Fernando Pallocchini

4 febbraio 2018

 

 

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