Voi credete davvero che Don Chisciotte non combatta più?

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Si faceva ormai la sera ed il vecchio Don Chisciotte / con la fida casseruola oscillante sulla testa, / trascinando la cavezza di uno stanco Ronzinante / ritornava alle sue stanze per poggiare finalmente pur le membra dolorose. / Lungo il viale illuminato da molteplici lanterne / numerosi cavalieri con più seguiti e carrozze, ben attenti a non urtarlo / (e così bucar le gomme causa spiedo e poi ferraglie), / transitavano veloci verso facili serate di donnine e di champagne. / “Che farò ?” Si ripeteva riflettendo pur restando bene attento / a evitar le tante buche lì presenti sulle strade, / che nessuno più tappava; così dure / che anche il piede corazzato faticava a sopportar.

Or si accende di lontano un brillante focherello. / “La badante che mi cerca ! Buona donna, affezionata, pur modesta, assai discreta. / Dulcinea si è defilata e non credo verrà più. / Si è sentita trascurata ed un poco maltrattata, / ma in realtà se l’è squagliata, incapace di pensare / che la vita coniugale la potesse soddisfar. / Cosa vuoi? Io commentavo: ho il cimiero per la testa, / Durlindana qui nel fianco e tantissimi mulini contro i quali guerreggiar.

Fino a qui me l’ho cavata, ma assai spesso l’ho cercata / quella pugna tormentosa, dispensando a destra e a iosa / le puntate con la lancia e i fendenti della spada / riducendo assai in brandelli quelle pale vorticose / che credevano piegare questo nobil cavaliere / pien di pezze sul sedere; / ma con animo rivolto a lontane ed alte mete, / a miraggi di salvezza e di fede e di amicizia; / incapace di pensare alle fiere ed ai serpenti / che s’annidano insidiosi sempre pronti ad aggredire / con sistemi e marchingegni che nemmeno te li aspetti; / confidante che il Buon Dio dando luce anche agli stessi, / li menasse a ragionare e al futuro pur pensare.”

Cosa importa se la lotta si protrae nell’infinito / e man mano si arricchisce di proposte sorprendenti, / di soggetti misteriosi che si prostrano ossequiosi, / che professano amicizia e principi belli e santi, / ma che poi all’occorrenza sono pronti a giravolte / seguitando ad affrontare una vita miseranda senza mai battere ciglio?

Ne consegue che il vetusto Cavaliere, della Mancia o giù di lì, / è costretto a proseguire questo suo peregrinare: / sguardo fisso al focherello della casa sua lontana / dove ormai la Dulcinea non lo aspetterà mai più. / Ma voltandosi sperando che la fila sua lo segua / e sognando i tant’altri che lo guardan da lontano /

ed aspettano felici che qualcun li preghi ancor, / trascinando la cavezza dello stanco Ronzinante / passo passo ancor si avanza, sorridendo pure un po’, / già pensando all’indomani e alla pugna che lo attende; / alla qual non mancherà.

Giuseppe Sabbatini (disegno di Lorenzo Sabbatini)

15 giugno 2020

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