“Lu travàgliu”, un oggetto misterioso rinvenuto a Campanotico

Print Friendly, PDF & Email

Questo oggetto fotografato poco tempo prima che fosse demolito, oggetto per alcuni misterioso, si chiama in dialetto “lu travàgliu” (il travaglio), era di uso pubblico per la frazione e serviva, nella civiltà rurale, a rendere possibile l’operazione di applicare delle piastre metalliche sugli zoccoli delle mucche destinate al lavoro nei campi. Tali piastre evitavano il consumo dell’unghia della mucca che l’avrebbe resa inidonea al lavoro.

Come si usava – La mucca veniva fatta entrare all’interno della struttura, immobilizzata, poi si faceva attraversare un palo di legno attraverso i fori in basso del travaglio, dove si fissava poi la zampa dell’animale per applicare la piastra. Questo manufatto si trovava nella frazione Campanotico all’incrocio di una strada privata che porta a una casa rurale acquistata a suo tempo da una famiglia del nord Europa.

La distruzione – La demolizione è avvenuta non per loro colpa, è stata finalizzata a facilitare l’accesso alla stradina dalla strada comunale e quindi alla casa, ma loro non conoscevano il significato e funzione di tale oggetto. Un altro travaglio stava in località Terro, adiacente alla strada in curva tra casa Ceschi e Li Papa.

La ‘gnoranza – La distruzione de “lu travàgliu” di Campanotico è avvenuta per “la ‘gnoranza” in senso latino e “con due gn” , direbbe un mio amico, di queste persone che non si sono rese conto, per loro poca conoscenza, di cosa fosse questo oggetto, rappresentante invece un elemento tipico della cultura contadina, cultura contadina che li ha indotti ad acquistare la casa. La strada non troppo ampia e “lu travàgliu” sono stati sul posto, vicino a questa casa, per decenni e decenni, l’accesso alla casa era usato pure dalla “trebbia”, che piccola non era, quindi una demolizione inutile.

Disconoscenza del valore storico – Ma la colpa non è solo degli acquirenti, anzi alla fine non sono colpevoli ma, anche e di più, è dei tecnici italiani, che non hanno spiegato e fatto conoscere il significato di certi annessi rurali, ai potenziali acquirenti: loro sono i veri colpevoli. Certe demolizioni, che avvengono, per sottovalutazione e disconoscenza del valore storico e per “‘gnoranza”, e non solo in campagna (le volte in mattoni demolite nel centro storico sostituite da solai in cemento armato, o finestre cinquecentesche con tanto di modanatura, sfasciate per allargare la porta del garage, ecc.), hanno contemplato anche fino a qualche anno fa la demolizione nelle case rurali delle strutture fisse per produrre il vino cotto, come “li canà”, per pigiare l’uva, “la callara”, per cuocere il vino con sottostante “fornella”, al solo scopo magari di fare un soggiorno più largo o una tavernetta al piano terra, ecc.

Perdita culturale – Le demolizioni di questi manufatti per il vino cotto, e tutte le infinite altre demolizioni avvenute nella indifferenza di molti, hanno contribuito alla cancellazione di tanta parte della cultura storica contadina e architettonica dei nostri territori, senza purtroppo possibilità di recupero. Si deve riconoscere però che gli acquisti da parte di famiglie e singoli stranieri, di molte case rurali nei territori di campagna, dove gli italiani mai avrebbero attualmente abitato, hanno contribuito in maniera determinante alla salvaguardia di questo tessuto abitativo rurale sparso. Magari sarebbe bastata un po’ più di sensibilità da parte dei tecnici e delle agenzie immobiliari. In dispiaciuta conclusione ognuno di noi, se ci penserà un po’ ricorderà le molte cose demolite inutilmente che invece oggi avrebbero rappresentato la caratteristica di quell’edificio e la testimonianza per il futuro della cultura del nostro territorio regionale e, sicuramente, nazionale.

Foto e testo per gentile concessione dell’architetto Giuseppe Gentili

Nota a margine

Curioso come questa parola “Travàju”, che identifica un lavoro faticoso e una sofferenza per uomo e animale (la mucca è imprigionata, scalcia e se ti prende fa male) la ritroviamo in spagnolo (travajo) e in francese (travail), in ambo i casi a indicare “lavoro”. La lingua del territorio maceratese/piceno è antichissima e potrebbe aver influenzato non solamente il latino.         

26 settembre 2020

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti