“Lu travaju”, è un attrezzo agricolo utile per… la prosecuzione della specie

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Nel numero di luglio 2020 de “La Rucola” ho letto l’interessante articolo dell’Architetto Giuseppe Gentili sull’oggetto misterioso riportato in foto e descritto dettagliatamente come “u travàgliu” (il travaglio) a uso di contadini marescalchi dei bovini. E subito, da Agronomo, sono stato assalito da lontani ricordi scolastici.

Mascalcia – Devo anzitutto precisare che la mascalcia è l’arte (piuttosto sofisticata) dei marescalchi (da cui proviene il grado militare di Maresciallo, in origine indicante il curatore del cavallo del Comandante) di sostituire i ferri agli zoccoli dei cavalli (per lo più da corsa, trotto o galoppo che sia), ma poco usata per i bovini.

Differenza tra zoccolo del cavallo e del bovino – Infatti mentre i cavalli corrono su terreni piuttosto compatti e sodi (anche asfaltati) con un solo zoccolo (su un dito, il medio) per zampa, i bovini possiedono due zoccoli (quindi su due dita articolate e naturalmente molleggiate) e si muovono (senza correre) su terreni agricoli o addirittura restano chiusi nelle stalle.

Stazioni di monta – Questa operazione andrebbe fatta circa ogni 30 – 60 giorni (praticamente come facciamo noi con le nostre unghie). Durante le esercitazioni scolastiche, presso la Facoltà di Scienze Agrarie di Perugia, ho visto usare il travaglio nelle “Stazioni di monta” per tenere ferme le fattrici, impiantato su una superficie in leggera salita con una serie di bassi gradini contrari (come quelli, a esempio, che esistono a Macerata nella parte bassa di Piaggia della Torre) al fine di facilitare l’operazione di accoppiamento da parte del toro, che per questo veniva pure aiutato dagli operatori. È uno strumento utile anche con i cavalli, perché le fattrici scalciano facilmente, se non precisamente in calore, e sono pericolose durante la stessa operazione per gli operatori e per il cavallo.

Ferratura del cavallo – L’applicazione dei ferri viene effettuata perché lo zoccolo, oltre che consumarsi, si appiattisce e si deforma allargandosi molto lateralmente. Infatti esso, solido di forma tronco-conica, viene lavorato esternamente e alla base con attrezzi molto taglienti per eliminare le deformazioni naturali di quella che, in fondo, è un’unghia di consistenza cornea. Tale operazione viene sopportata serenamente dagli animali e non richiede quasi mai attrezzature di contenimento, che per l’altra operazione prima descritta sono indispensabili in quanto gli animali sono chiaramente in stato di eccitazione molto forte. Spero che, per quanto ho detto sopra, si comprenda come una simile operazione effettuata sui bovini sia più complicata e forse non così necessaria.

Devoto-Oli e Google – Stranamente nel dizionario Devoto – Oli che ho consultato non esiste descritto questo uso del vocabolo “travaglio”, con cui, e credo si sappia, viene comunemente indicata anche l’attrezzatura, esistente in tutti i reparti ospedalieri di Ostetricia e Ginecologia, che viene usata per facilitare il parto (e anche questo uso non viene citato nel dizionario). Qualche cenno invece nel senso che ho spiegato si trova girando con Google, dove c’è anche qualche foto molto esplicativa!

Ne esiste ancora uno a Macerata – Dello strumento, che è stato elemento di discussione, esiste un esemplare ben conservato presso una delle stalle di una azienda agricola maceratese, che spero non venga distrutto, testimonianza della esistenza di una Stazione di Monta ufficiale regolarmente controllata in pieno esercizio fino a qualche tempo fa, quando l’allevamento del bestiame era parte essenziale nella gestione dei terreni agrari, se non della stessa Agricoltura.

Corrado Vanella

18 aprile 2021

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