Centralità storica del territorio Piceno: origine di Filottrano e anno 1177 – II parte

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Anno 1177… Mentre cavalcava verso Centofinestre l’imperatore Federico I detto il Barbarossa, pensieroso, si lisciava la barba che nell’ultimo anno si era sbiadita e di molto. Erano passati quattro secoli dall’inizio dell’impero fondato da Carlo Magno; diverse dinastie si erano succedute e ora c’era lui, di casato Hohenstaufen.

Undici anni prima, nel 1166, aveva fatto santificare Carlo Magno dal suo antipapa, aveva potuto così trasportare le spoglie dell’imperatore, o presunte tali, da San Claudio di Corridonia ad Aachen, in Germania, la sua nuova Aquisgrana. Fece fare Santo Carlo, perché nel Medioevo i cadaveri non si potevano spostare, era peccato gravissimo. Si poteva fare, però, per i beati e i santi… Federico Barbarossa era tedesco e tutto doveva diventare tedesco, anche i ricordi della gesta dei Franchi, dell’impero.

Era sceso in Italia diverse volte per sconfiggere i Comuni ribelli e gli amici del papa. Nel 1176 però, subì una sonora sconfitta a Legnano, per opera della Lega Lombarda. L’anno successivo, il fatidico 1177, fu per lui ancora più negativo. Per sconfiggere Venezia aveva approntato una grossa flotta con al comando suo figlio Ottone ma, nel mese di maggio questo fu sconfitto e preso prigioniero dal doge veneziano Ziani. All’imperatore non restava che chiedere la pace, anzi accettare quella proposta dal papa Alessandro III. Per farla breve l’imperatore, il doge e il papa stipularono la pace a Venezia e decisero di tornare insieme a Roma, passando per Ancona.

Partirono a metà ottobre diretti ad Ancona, un paio di anni prima presa per fame dal Vescovo di Magonza, che era al servizio dell’imperatore. Non erano stati sufficienti nemmeno gli atti di eroismo della vedova Stamira! Papa e doge andarono via mare, l’imperatore via terra e passò pure per Ravenna per trattare del futuro privilegio all’arcivescovo, che verrà promulgato a Casarolo (Centofinestre) poco dopo. Verso la fine di ottobre, dopo che vicino Ancona l’imperatore era salito sulla nave in cui erano gli altri due, fecero trionfale ingresso, dal porto, nella città dorica, accolti con entusiasmo dalla popolazione che inneggiava alla pace.  

Dopo pochi giorni dall’arrivo in Ancona, verso la fine di ottobre, allo spirar del mese, scrive Obone nella sua Storia di Ravenna, partirono alla volta di Roma, per l’ingresso trionfale nella città, che in verità non ci fu mai. Sia il papa che il doge, come scrisse lo storico Obone, presero la strada più lunga, ma più comoda. L’imperatore e i suoi (lasciando intendere che aveva un numeroso seguito), la via più breve. Dopo un mese ancora stava cavalcando in quel di Filottrano. Come mai? Secondo me il capirlo vuol dire chiarire un poco il mistero che circonda la nascita e i primi tempi della vita di Filottrano, ma anche altro. Per l’altro: la sua presenza in territorio Auximano si protrasse almeno fino al tre dicembre, per più di un mese. Risultano essere tre gli atti emessi che testimoniano quanto detto:

1 – Privilegio a favore dell’Arcivescovo di Ravenna, firmato a Casarolo (Centofinestre) il 3 dicembre;

2 – Privilegio a favore di Monte S. Vito, firmato nel Castello di S. Vitale il 24 novembre. Con questo espropria il marchese di Ancona e gli altri proprietari di Monte San Vito (che allora era chiamato Monte S. Pietro) e una larga zona intorno mettendola sotto il suo diretto comando, certamente per salvaguardare le reliquie di San Vito, conservate nella Nuova Corbaja, del martire protettore dei Sassoni, che erano stati parte essenziale del Sacro Romano Impero;

3 – Privilegio in favore della Chiesa di San Severino, firmato in territorio auximano, forse a Casarolo, il 3 dicembre.

Le date dei tre documenti testimoniano che la sosta a San Vitale di Cingoli si protrasse per più di un mese. Il suo seguito numeroso abbisognava, come si direbbe oggi, di uno spazio “attrezzato”. Si ipotizza che San Vitale fosse adatto per almeno i seguenti motivi:

  1. a) luogo appartato anche se vicino a strade importanti;
  2. b) dotato di acqua in abbondanza (il torrente scorre vicino), locali idonei, grossa torre di avvistamento (da cui il toponimo Torrone della zona);
  3. c) probabile collegamento con il diverticolo Flaminia anche dalle vicinanze di Chiesanuova di Treia o da Appignano, oltre che dalla campestre per Cingoli.

In definitiva c’è la vicinanza con la Consolare, quindi possibilità di difesa, di avvistamento e di fuga. Molto probabilmente era l’antica mansio romana, situata a metà strada fra Treia e Osimo, il Barbarossa lo sapeva, era ben informato! Dieci anni dopo la venuta dell’Imperatore troviamo il primo documento scritto dove si menziona Mons Filiorum Octrani, oggi Filottrano. Forse è una coincidenza, ma potrebbe pur essere un forte indizio chiarificatore.

Questo nuovo nome, usato al posto del precedente Monte Ostrano  (l’Obcerannum e l’Obtetanum del Cronicon Casauriense), per la prima volta, almeno dai documenti che si conoscono, venne scritto in un atto conservato presso il Monastero di Fonte Avellana e, subito dopo, in documenti di Osimo, di cui molto indicativo è quello del 1189, la Cartula Castri Cerque: Serra Montis Filiorum Octrani. In questa si ipotizza che la Filottrano di allora, avrebbe potuto forzare gli abitanti di Cerqua (Curanova di Filottrano) ad andare ad abitare dentro le sue mura. A quella data il Castello già aveva raggiunto uno sviluppo tale da ambire all’annessione di altri. Per un castello con pochissimo territorio, quindi con pochi mezzi per una crescita rapida, significa che la sua nascita era già datata, risaliva quantomeno a prima del 1000. Alcune considerazioni d’obbligo:

  1. A) forse fu un caso unico nel medioevo, il nome di una località composto da tre parole. Questo fa sospettare una origine “culturale”, un nome studiato a tavolino, lontano dal linguaggio popolare. Immaginiamo questa scena che si svolge subito dopo il 1200: due sgherri armati a cavallo, pattugliando la zona, incontrano per strada un contadino cencioso e analfabeta, lo fermano e il primo gli chiede: “Buon uomo, di dove sei?” e il contadino: “Sono di Serra Montis Filiorum Octrani, anzi Optrani”. L’altro stupito di tanta preparazione dice, alla filottranese: “Me cojoni!”
  2. B) La prima apparizione del nome appena dieci anni dopo la visita di Federico Barbarossa. Questo fa nascere interrogativi, data la tempistica e in considerazione del modo di fare dell’imperatore. Per inciso anche il nome Montalboddo (Ostra) compare proprio in quegli anni, nel 1194. Potrebbe significare qualcosa!
  3. C) Utilizzo del nuovo nome in ambito locale: a Fonte Avellana e Osimo, quando ancora troviamo l’Obtetanum (Ostranum) nel Privilegio di Celestino III a favore di San Clemente di Pescara del 1191.

Il Monastero avellanita, la Diocesi e il Comune di Osimo erano le principali entità che potevano avere i più grandi danni da un esproprio futuro delle loro proprietà nella zona, da parte dell’Imperatore, per salvaguardare le memorie sassoni. Nella Vecchia Corbaja (Chiesa e Monastero fondati da Pipino il Breve) non aveva trovato niente da salvaguardare diversamente che a Monte San Vito, dove nella Nuova Corbaja erano conservate le spoglie del santo giovinetto, ma se fosse ritornato, magari proprio nel Monte Ostrano in cerca di testimonianze Sassoni? Occorreva agire subito, cancellare tutte le testimonianze sassoni, a cominciare dal nome del Castello. Depistaggio che si manifestò non necessario, visto il susseguirsi degli eventi, ma allora ritenuto più che opportuno.

Monte Ostrano, riferito al gruppo sassone, fu cambiato a tavolino, pur mantenendo lo stesso significato, ma in maniera ambigua: Monte dei discendenti del gruppo Ostrano, ma anche Monte dei tanti figli del grande e misterioso condottiero Ottrano, sconosciuto a tutti, dando così inizio alla leggenda. I vari resti eliminati e distrutti seguendo il modus operandi introdotto dai Cistercensi proprio in quel periodo: una puntigliosa applicazione della “damnatio memoriae” a livello locale.

Giusto per sintetizzare: Federico I era stato in quello che si chiamava allora Monte San Pietro, dove c’era il Monastero Corbaja Nuova con i resti di San Vito, santo tanto amato dai Sassoni. Gli aveva fatto cambiare nome in Monte San Vito e lo aveva preso sotto la sua diretta protezione. In seguito andò verso la vecchia Corbaja, a Corviliano, pensando di trovare qualcosa che riguardasse il Santo da dover salvaguardare, passando così all’immediato esproprio del territorio. Non trovò nessuna testimonianza della permanenza del corpo di San Vito, nessuna reliquia da conservare, poi  se ne andò e, nel mese successivo, già era a Genova.

A Monte San Pietro cambiò nome l’imperatore (in Monte San Vito), a Monte Ostrano la Chiesa locale (in Montis filiorum Octrani), poco dopo! Ma quando nacque l’abitato di Filottrano? Da un’opportuna, spero condivisibile valutazione analitica dei pochi documenti conosciuti e da diversi indizi, si può cominciare a pensare a un lasso di tempo abbastanza ristretto, ricadente in epoca medioevale, in cui l’evento si sia potuto verificare: successivamente all’anno 756, quando i Longobardi furono scacciati dalla Pentapoli dal re Franco Pipino il Breve, quindi anche dalla zona di Filottrano.

Questo in considerazione del fatto che i Longobardi chiamavano Monte Reale il colle, perché era proprietà diretta del loro re. Filottrano quando c’erano i Longobardi ancora non era nata. Nell’anno 875 compare il nome del centro abitato, “Monte Obteranus”, come riportato in MGH (Monumenta Germaniae Historica) Tom. IV doc. 86, all’interno del Privilegio dell’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, in favore del Monastero di S. Clemente in Casauria. A quella data perciò Filottrano era già nata, proprio sopra il Monte Reale, fra gli anni 756 e 875. Diversi indizi fanno pensare all’insediamento di un gruppo di Sassoni trasferiti forzatamente da Carlo Magno nell’anno 804, o poco prima, in maniera succinta si può ipotizzare che i fatti più salienti si siano susseguiti nella maniera seguente:

Anno 756: il re franco Pipino il Breve scaccia i Longobardi pure dal Monte Reale, la collina dove sorgerà Filottrano, così chiamata in quanto era proprietà personale del loro re.

Anno 774: Carlo Magno sconfigge definitivamente i Longobardi e si nomina re dei Franchi e dei Longobardi, quindi diventa padrone diretto di tutte le proprietà dei precedenti re Longobardi, anche del Monte Reale. Sappiamo che Carlo Magno e successori avevano migliaia di proprietà allodiali in tutta Europa e spesso si spostavano per controllarle direttamente.

Anno 875 (o 874): l’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, dona al Monastero di San Clemente in Casauria (Pescara) alcune sue proprietà dirette, avute per successione, fra cui il monte Reale, che già aveva un villaggio costruito sopra: Monte Obterano (il Monte Ostrano, da cui poi Octrano, Optrano, Ottrano), così chiamato perché era arrivato lì il gruppo Ostrano, venuto dall’Ost (Est), dalla Ostfalia, probabilmente di etnia sassone, portatovi da Carlo Magno.

Prove dirette ancora non ce ne sono ma crescenti indizi convergono verso questa ricostruzione dei fatti, e verso l’evidente necessità di ampliare e approfondire le ricerche. Seguitare a credere nel misterioso condottiero Ottrano e nei suoi figli fondatori, basandosi solo sui “si dice, si raccontava, si credeva”, ossia sulla leggenda, senza il supporto di indizi reali, sicuramente è un’altra cosa, non è Storia! 

Prima parte: https://www.larucola.org/2022/01/11/origine-di-filottrano-e-anno-1177-la-storia-avvalora-la-centralita-del-territorio-piceno/

Giustino Falasconi

26 febbraio 2021

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