Analisi del viaggio di Papa Stefano II: si svolse in Francia o nella Francia Picena?

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Le Clusae attraversate dal papa Stefano II per recarsi in Francia nel 753, quelle superate dal re Pipino l’anno successivo e quelle attraversate da Carlo Magno nel 773 (o 772) erano le stesse? L’interrogativo nasce mettendo a confronto le varie fonti storiche ufficiali, a partire dalla rilettura degli Annales Ecclesiastici Francorum di Carolo Le Cointe, in cui vengono riportate succintamente le descrizioni dei vari autori sugli eventi suddetti.

Dalle differenze nell’uso di alcuni specifici vocaboli, si valuterà la possibilità che diverse di queste fonti siano interdipendenti. Da una razionale interpretazione dei dati a disposizione, considerati tutti i particolari, si può ipotizzare una visione originale, confermativa di una diversa, nuova localizzazione di eventi medioevali: ricostruzione dei fatti forse non sufficientemente documentata, ma sicuramente più verosimile di quella finora accreditata.

Analizziamo il primo viaggio: nel 753 papa Stefano II va in Francia per chiedere aiuto a Pipino il Breve contro i Longobardi. In Annales Regni Francorum: papa Stefano II andò in Francia, senza altre specificazioni e senza parlare di Clusae. In Liber Pontificalis: il papa, proveniente da Pavia, arrivò alle Chiuse dei Franchi… Il principe Carlo venne ad incontrarlo a circa 100 miglia. In Liber Pontificalis Ravennatis: lasciato il regno dei Longobardi, oltrepassato il monte di Giove, (il papa)arrivò in Francia. C’è anche un particolare interessante e significativo che precisa l’itinerario del papa: “…E il papa indignato (per non essere stato ricevuto da Astolfo), fortemente adirato uscì dalla Valle detta Colle Collata, nel linguaggio corrente Galiata”. Anche se non si vuole ritenere la precisazione attendibile, aiuta comunque a individuare la direzione del viaggio di Stefano II. Si tratta di località nel territorio dell’attuale Comune di Galeata (FC), sull’Appennino Tosco-Emiliano, una volta appartenente alla Toscana, dove passava una via Romea… Quindi il papa procedeva verso Sud per raggiungere la Francia!

In Andreae Bergomatis Chronicon: uscendo dalla sede propria (il papa) arrivò in Francia. Carlo ed i suoi vennero a piedi e lo accompagnarono in ottimo luogo per ritemprarsi, nella città chiamata Metis. In Chronicon Moissiacense: il papa si avviò verso la Francia. Carlo venne ad accoglierlo. In Anastasius Bibliotecarius: il re Pipino mandò suo figlio Carlo a non poche miglia per accompagnarlo. Prima accenna alle Clusae dei Franchi. Ometto i passi di altri annali che, in fondo, non dicono niente di nuovo.

A ben vedere le descrizioni originarie sembrano essere due: una in Annales Regni Francorum e l’altra nel Liber Pontificalis, tutte le restanti si rifanno a una delle due, pur apportando nuovi particolari. Mentre gli ARF (Annales Regni Francorum) sono molto generici e non lasciano intravvedere una precisa localizzazione dei fatti, il Liber Pontificalis è molto più ricco di particolari, atti a indirizzare verso luoghi precisi…

Eccoli: a) ad Francorum coniuxit Clusas, b) coeptum gradiens iter, c) ad venerabile monasterium St. Mauricii, d) ad fere centum milia. Anche in molti altri Annales vi sono dei particolari interessanti da valutare per la individuazione dei luoghi, pur sapendo che possono non rispondere a verità. Tenendo conto di quanto sottolineato penso che si possa avanzare la seguente ipotesi che, fra l’altro, non è per nulla nuova: il Papa Stefano II alla fine del 753 attraversò le chiuse dei Franchi (e non quelle dei Longobardi) per entrare in Francia e il principe Carlo lo incontrò a circa 100 miglia da Roma, fu fatto riposare a MATI (ossia a Mati-lika), in quanto il vicino monastero di Santa Maria in Roti (invece di S. Mauricii), o altro simile nelle vicinanze, troppo spartano, non era adatto per il papa debilitato.

Quanto affermato è completamente diverso da quello in cui ancora si crede. Prima di chiarire la nuova ipotesi voglio puntualizzare con una punta di ironia, le ancora attuali convinzioni, anche per valutare la loro mancanza di concretezza. Ecco la versione “classica”: il papa lasciò le vicinanze di Pavia il 15 di novembre, arrivò alle Chiuse dei Longobardi, che erano in Val di Susa, ritornò indietro per poter andare in Valle d’Aosta (che allora era in Francia), oltrepassò il Gran San Bernardo (mons Jovis) e fu in Francia (dove però era già da un pezzo), arrivò in Svizzera, nel Vallese, il 6 di gennaio, o molto prima se si dà seguito a diversi resoconti che indicano in tale data l’incontro con Pipino a Ponthion. Dal monastero di St. Maurizio, vicino Martigny poi, per farlo riposare, dato che era proprio malridotto, fu condotto a Metz, lontana più di 400 Km. Appena possibile gli fecero  fare altri 140 Km, per arrivare nelle vicinanze di Ponthion e, per ultimo, 5 Km addirittura a piedi, per salire al Castello di Pipino! Subito dopo altri 190 Km per arrivare al Monastero di St. Denis, a Parigi. Dopo tutto questo peregrinare, il papa, che era già partito sofferente da Roma, era ridotto veramente male, solo un miracolo poteva salvarlo!

 Questo arrivò puntuale da parte di San Dionisio, aiutato però anche da San Pietro, il quale chiaramente si sentiva obbligato, visto che il papa si prodigava e rischiava la vita per fargli restituire quello che era di sua proprietà! Vorrei sottolineare che le distanze fra le località sono quelle attuali e non quelle delle strade medioevali. Anche queste riflessioni contribuiscono ad accrescere la convinzione che i luoghi in cui si sono svolti i fatti siano diversi da quelli finora creduti.

Analizziamo il secondo viaggio: il percorso compiuto da Pipino e dal suo esercito nel 754, per andare contro Astolfo e i Longobardi, utilizzando lo stesso modo di procedere. Da A.R.F.: Astolfo si diresse verso le Clusae dei Longobardi, e venne contro Pipino e i Franchi. È poco chiaro. Astolfo marciò contro le sue difese? I Franchi già si erano impadroniti delle stesse? Come mai era lontano dalle sue opere difensive e le aveva lasciate sole? Forse si trattava delle chiuse dei Franchi e non di quelle dei Longobardi? Da Liber Pontificalis: Pipino mandò alcuni reparti del suo esercito a sistemare le sue Chiuse dei Franchi. Astolfo si scagliò contro queste Chiuse dei Franchi, credendole abbastanza sguarnite. Ci fu un intervento divino e Astolfo fu cacciato indietro subendo pesanti perdite. La descrizione sembra più logica e accettabile rispetto alla precedente, miracolo.

 Da Annalista Saxo: parla di Claustrae Italiae, ossia di valli strette dove Pipino passò. Da Annales qui dicuntur Einhardi: Pipino entrò in Italia e si combatté aspramente alle Chiuse. Non specifica se Chiuse dei Longobardi o dei Franchi. Da Chronicon Moissiacense: Pipino arrivò alle Chiuse dei Longobardi dopo aver viaggiato per la Borgogna, fino alla Val Maurienna (sul versante francese del Moncenisio…). I Longobardi rinforzarono le proprie Chiuse. Sembra proprio una evoluzione di quanto riportato in A.R.F., con precisazioni sull’itinerario poco credibili, vista la non presenza, anzi la lontananza, sia nel tempo che nello spazio, dell’estensore della cronaca dei fatti. In Annales Mettenses: Pipino per Lugdum Galliae et Viennam, arrivò nella valle Maurienna. Pervenne alle Chiuse dei Longobardi e le distrusse. Anche qui ci troviamo in presenza di particolari nuovi, forse inventati.

Vale quanto detto sopra. Considerate le incertezze e l’aggiunta di particolari “esplicativi” forse immaginati in vari racconti, penso che si possa ben valutare la possibilità che le Clusae di cui si parla in questo primo attacco di Astolfo contro Pipino siano le stesse attraversate l’anno precedente dal papa. I particolari che inducono a pensarlo sono diversi, e che la versione riportata nel Liber Pontificalis sia la più credibile, anche perché non in contrasto con gli Annales Regni Francorum, fatto ben evidente.

Questa, in linea di massima, è la ricostruzione che si propone dei due viaggi. Papa Stefano II non si era nemmeno avvicinato a Pavia. Si era fermato appena dopo il confine del Regno Longobardo, sui monti fra la Toscana e la Romagna e aveva mandato da Astolfo due diplomatici a cui il Longobardo disse che non avrebbe ricevuto il papa. Questo si avviò verso la Francia (la Francia Picena), superò il monte Giovo (Mons Jovis), che si trova nell’Appennino, dopo alcuni giorni arrivò nei pressi di Fabriano, dove erano situate le Chiuse dei Franchi. Da lì trovò la strada più agevole, superati i tornanti di Gattuccio percorse l’attuale “ Muccese”. In un primo momento fu accolto non nel Monastero di S. Mauricii in Svizzera, ma in quello di Santa Maria in Roti (notare una certa somiglianza grafica che avrebbe potuto contribuire a erronea lettura), vicino Braccano, frazione di Matelica. Considerate le precarie condizioni fisiche del papa e le possibilità piuttosto spartane dell’accoglienza del monastero, Fulrado e il conte Rotario, lì presenti, gli trovarono una sistemazione più confortevole nelle vicinanze. Lo accompagnarono a Mati (a Mati-lika, ossia a Matelica).

Non ci sono prove, ma leggendo la Storia della cittadina, si scopre un altro tassello che rende la convinzione ancora più verosimile. Matelica già esisteva al tempo dei Romani,veniva chiamata Matillica Matillicorum. Arrivarono i Longobardi e la distrussero. Fu ricostruita dai Franchi nel Medioevo, forse un paio di secoli dopo e fu soggetta a un Conte, palesemente Franco. Le domande sono conseguenti: Come mai i Franchi ricostruirono la città nel Medioevo in territorio ritenuto longobardo? Come mai la chiamarono Mati-lika (grande pietra?), nome simile ma non uguale al precedente romano? Una cosa sembra evidente: in quella zona c’erano i Franchi e non si erano insediati solo in una piccola enclave circondata dai Longobardi. In questo caso sarebbe stato impossibile costruire una città in quel luogo. C’era una zona ben più ampia, una intera regione abitata dai Franchi, Francia Picena o Antiqua, dove si parlava la lingua occitana.

Proseguendo col viaggio di Stefano II: dopo un certo numero di giorni riprese il viaggio lungo l’attuale “strada provinciale Muccese” verso sud, al centesimo miglio circa gli venne incontro il principe Carlo (non si precisa da dove iniziassero le cento miglia, quindi si suppone da Roma). Da non escludere che potesse trattarsi delle vicinanze dell’incrocio della Muccese con il diverticolo della Flaminia (Prolaquense), nei pressi di Castelraimondo. Il principe lo accompagnò a Ponticone, dove era il palazzo di Pipino. Dopo diversi giorni, visto che ne aveva proprio bisogno, per ritemprarsi fu accolto a San Dionigi di San Ginesio.

Le Clusae Francorum, dove nello stesso anno fu sconfitto Astolfo, erano le stesse attraversate da papa Stefano e si trovavano nel fabrianese, forse a San Vittore alle Chiuse, vicino Frasassi. Pipino proveniva dalla Francia Picena e Astolfo, credendo di trovare le Chiuse sguarnite le assaltò, restando sconfitto. Il re Franco Pipino proseguì fin verso le Chiuse dei Longobardi, situate a Serravalle Scrivia, ai confini del regno longobardo, da dove mandò diversi messaggi ad Astolfo, rimasti inascoltati, prima di muovere contro Pavia. Nel 756  Pipino marciò di nuovo contro Astolfo, proveniente dalla Francia, ma in nessun resoconto è precisato se provenisse dalla Gallia, per cui non si può sapere quali Chiuse attraversasse. Riguardo poi alle Chiuse superate da Carlo Magno nel 773  (o 772), erano proprio quelle longobarde, situate in Valle Scrivia, come precedentemente argomentato. A conclusione, pur nella vaghezza ed imprecisione di diversi resoconti, si può affermare che le Clusae di cui si parla negli annali antichi, fossero due: a) quelle dei Franchi, attraversate da Papa Stefano II e dove combatterono i soldati di Pipino contro Astolfo, situate nel Fabrianese; b) quelle dei Longobardi, superate da Carlo Magno proveniente dalla Gallia, nel 773 nella sua campagna contro Desiderio e forse anche da Pipino nella seconda guerra contro Astolfo, situate nei pressi di Serravalle Scrivia, nella omonima valle.

Giustino Falasconi

9 luglio 2022

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