Luca Natali, vero Indiana Jones, racconta: “Siro e il mistero delle sue impronte”

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Non tutto il male viene per nuocere e in ogni situazione di difficoltà qualcosa di positivo esce sempre fuori. Non tanto perché dalle negatività si ottiene una crescita personale quanto perché, in questo caso, lo star chiusi in casa per la pandemia ha stimolato Luca Natali a mettere per scritto la sua esperienza straordinaria: “Siro e il mistero delle sue impronte” un libro edito da Edizioni Simple.

Partendo da lontano, dai suoi interessi per la natura e tutto quello che a questa ruota intorno, fin da bambino ha trovato attrazione per i misteri del passato remoto, per la paleontologia. Luca ha anche una forte passione per la montagna, per le passeggiate nei boschi o per sentieri impervi e per le scalate. Ha importanza tutto questo  per fare una scoperta eccezionale, di valore mondiale? Sì.

Come dice lui occorre anche un pizzico di fortuna ma, aggiungiamo noi, senza queste sue attitudini come sarebbe potuto andare su quella impervia parete rocciosa, in quei luoghi a strapiombo sul mare, passando per sentieri pericolosi… la maggior parte delle persone avrebbe rinunciato sia in partenza che in itinere. Poi c’è stato l’occhio indagatore dell’esperto, che conosce la natura e nota (e comprende) che quella serie di segni così regolari non può essere dovuta a una erosione naturale, forse fatta dalla mano dell’uomo… Curiosità e interesse in Luca Natali vanno a braccetto per cui è obbligo andare a controllare da vicino, su quel costone emerso dalle acque milioni di anni fa.

Da una decina di metri di distanza scatta delle foto, rientra a casa e le osserva al computer: il giorno dopo è già lì per toccare con mano. Sono undici depressioni lasciate da un animale marino che si sposta usando le pinne anteriori mentre le posteriori servono per il galleggiamento e non toccano il fondo marino.

Possiamo immaginare cosa ha provato Luca in quei momenti, quali emozioni. Milioni di anni fa un essere si muoveva nel fondo melmoso del mare lasciando quelle tracce della sua presenza. Quel fondale si è solidificato, è emerso per i movimenti della catena appenninica e quelle impronte sono giunte fino a noi. Evento rarissimo in quanto nel mondo ci sono solo altri due casi simili, uno nel pesarese e un altro in Cina.

Consapevole dell’importanza della scoperta Luca Natali ha attivato tutta una serie di collaborazioni per determinare scientificamente la validità delle sue osservazioni e, oltre gli Enti istituzionali e la Soprintendenza, ha chiamato due esperti della Università di Camerino con i quali aveva già collaborato in precedenti occasioni: il geologo camerte Giuseppe Crocetti e il biologo maceratese Alessandro Blasetti. Un team perfetto per una indagine così importante.

Dagli studi la roccia di quel costone, originariamente situata a 200 metri di profondità sotto il livello del mare, risultò essere vecchia di 140 milioni di anni. Che animale era? Quanto era grande? Le ipotesi parlano di un rettile marino dell’ordine dei Plesiosauri, assai comune nel Cretaceo, non molto grande ipotizzando un’altezza all’anca di circa 80 centimetri.

La lettura del libro che racconta questa avventura ha un po’ il fascino dei film di Indiana Jones ma, andando oltre ci fa comprendere come nel territorio maceratese ci siano studiosi talmente preparati che il loro lavoro ha ottenuto il placet dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Cretaceous Research”, che ha validato lo studio con il giudizio espresso da un famoso paleontologo, il professor Martin Lockley. La storia finisce qui? Sicuramente no, perché i nostri ricercatori stanno approfondendo le indagini sia perlustrando l’intera parete rocciosa alla ricerca di altre eventuali tracce fossili, sia con ulteriori analisi geologiche in sito che in laboratorio.

Fernando Pallocchini

13 settembre 2022

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