L’uccellino e la strage degli alberi, purtroppo una storia comune a tante città in Italia

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Strana città quella dove abito (ndr: Sant’Elpidio a Mare). Un cane fa la cacca per strada e subito qualcuno scrive una pubblica denuncia su facebook. Di contro il Comune lascia abbattere un viale di alberi quasi secolari e nessuno dice parola.

Gli alberi sono essenziali per la nostra salute e hanno anche un valore storico e culturale. La loro conservazione è fortemente collegata alla difesa del territorio. L’Italia ha una legge che tutela gli alberi monumentali: la Legge 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”. La legge c’è ma sembra non essere servita per difendere i meravigliosi alberi di pino che troneggiavano all’ingresso della mia città. Nessuno ha fiatato per la scomparsa del bel vialone. A onor del vero, dovrei essere più preciso e far presente che qualcuno ha segnalato il proprio disagio: è il caso di un piccolo passerotto che ha pigolato a lungo, ma nessuno l’ha ascoltato.

Le motoseghe hanno tagliato i tronchi perché lì, al posto di quelle conifere, dovrà sorgere il nuovo marciapiede e… chi se ne frega del verde? Chi se ne frega dell’aria? Chi se ne frega dei nidi d’uccello? Chi se ne frega dell’ombra? Chi se ne frega del profumo d’incenso? Chi se ne frega del messaggio dato alle giovani leve? Chi se ne frega?

Su uno di quegli alberi saltellava da sempre un passerotto. Un passero solitario (in inverno) ma arrivavano tanti altri volatili in primavera. Arrivavano le tortorelle e i fringuelli, i merli e altri uccelli caciaroni. Alcuni giorni fa, il nostro passerotto solitario ha sentito il lacerante rumore di una motosega: erano gli operai addetti all’abbattimento delle piante “inutili”. Dei tecnici avevano stabilito che lì non potevano stare perché il progetto dell’opera pubblica lo pretendeva. Per il vero quelli che avevano deciso l’abbattimento dell’intero viale si erano sempre dichiarati convinti “ecologisti”, ma quando c’è da firmare un marciapiede non c’è verde che tenga.

È nata così una storia che qualcuno già chiama “La leggenda del Passerotto e del Pino”. Racconta la leggenda di un passerotto che volava allegro di ramo in ramo fischiettando lì, nella zona che segna l’ingresso nel centro città. Un giorno, però, il freddo iniziò a pungere e il cielo non prometteva nulla di buono. L’inverno era nel pieno dei suoi giorni e per il povero uccellino era tempo di trovare un riparo per poter sopravvivere alle temperature rigide e al gelo. Fu così che il passerotto si rivolse a un pino chiedendo di potersi riparare tra i suoi rami. “Non posso – rispose il grande albero – mi hanno condannato a morte e tu potresti morire come il mio tronco”. Stessa risposta ricevette lungo tutto il viale dei pini. Il passerotto non si demoralizzò, si spostò verso il paese e si rivolse a un salice. Ma anche in questo caso arrivò un rifiuto. Disse infatti il salice: “I miei rami fanno cadere troppe foglie, i giardinieri del Comune sono troppo pochi e dicono che sarò estirpato per evitare inutile fatica”. Il passerotto, ormai smarrito, si rivolse al tiglio di viale Roma, alla betulla, all’olmo, tutti declinarono la sua richiesta di aiuto perché c’erano problemi con i decisori elpidiensi. Oramai il solo a non dare fastidio era “Ferracchio” l’abete di acciaio che a Natale troneggiava in piazza.

Il tempo ormai stringeva, il gelo stava diventando insopportabile e il passerotto era ormai allo stremo delle forze, quando vide in lontananza una chiesa abbandonata e vi entrò da una finestra rotta e spalancata. Spinto dalle sue residue energie, il povero uccellino decise di fare un ultimo tentativo col Crocifisso che se ne stava lì solitario e abbandonato. L’uccellino gli parlò come se fosse una persona viva: “Caro Signore, sono allo stremo, mi posso riparare sotto il tuo legno?” La possente statua lo guardò compassionevole e rispose: “Certo caro uccellino, il freddo è pungente ma il mio legno ti darà tutta la protezione necessaria”. Il povero volatile, stupito, fece in tempo solo a dire grazie, si rannicchiò accanto ai piedi del crocifisso e cadde in un sonno profondo. Nella notte una violenta bufera di neve colpì la città, il vento soffiò fortissimo ma il passerotto di nulla si accorse, protetto dalla croce del Signore. Al suo risveglio l’uccellino usci in perlustrazione e gli apparve un paesaggio desolato: una città immobile, tutti gli alberi avevano perso le foglie a causa del freddo e, per strada, vedeva solo una lunga fila di cubi ghiacciati in cemento… era l’arredo urbano, cubi freddi come il cuore di coloro che avevano distrutto il suo nido, lassù… in cima al pino.

Alberto Maria Marziali

19 aprile 2023

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