Tra tradizione, leggenda e proverbi passa ogni anno la ricorrenza de “La Candelora”

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Il 2 febbraio, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, la Chiesa celebra la purificazione di Maria Vergine. Purificazione che in un passato oramai remoto anche le donne delle nostre contrade ricercavano recandosi quaranta giorni dopo il parto sulla soglia della chiesa per ricevere la benedizione del sacerdote senza la quale non sarebbero potute entrare.

La ricorrenza del 2 febbraio, detta “La Candelora” (nella parlata  maceratese “Cannelòra”), rappresenta quindi un altro appuntamento che un tempo, oltre a essere onorato solennemente con una partecipazione quasi unanime di popolo, si rivestiva di tradizioni e anche di leggende. In occasione di questa ricorrenza  il parroco distribuiva a ogni famiglia una candela benedetta, grande a seconda delle “decime” che questa pagava o della classe sociale alla quale detto nucleo famigliare apparteneva. Oggi la candela è uguale per ciascun fedele.

Dai nostri avi essa veniva custodita gelosamente e devotamente: molti la appendevano sopra la spalliera del letto, a ridosso del quadro sacro. Guai a romperla, oppure ad accenderla senza una motivazione più che seria o, addirittura, a perderla. A essa venivano attribuiti molti significati; tra l’altro, difendeva la casa dai mali e da qualunque sciagura o calamità. In campagna veniva accesa durante un temporale, per preservare il raccolto da una probabile grandinata, evento sempre temuto per essere sempre disastroso. La luce che ne promanava significava protezione divina. Questa candela benedetta veniva tenuta accesa in mano dai moribondi quale segno di fede.

A Macerata si diceva che la candela benedetta liberasse dal male della “forcella”, un difetto abbastanza doloroso dello stomaco. La modalità consisteva nel posizionare una candela accesa sul fondo di un bicchiere e poi passare più volte il tutto sopra lo stomaco dell’ammalato.

Dal giorno della Candelora ha origine un proverbio meteorologico, che ci mette “sul chi va là”, riguardo alla fine dell’inverno: “Cannéla Cannelòra / de l’inverno sémo fòra; / se cce négne e se cce piòe, / ce ne sta quarandanove; / se cce dà sòle e soléllu, / c’è quaranda dì d’inverno”. Una sua variante recita: “Madonna Cannelora, / dell’inverno scìmo fòra; / se ccé piòe se ccé négne, / po’ durà fino a vellégne (vendemmia) / se ccé dà sòle e soléllu / quaranda dì per tembu vellu.

Mario Monachesi

16 maggio 2023

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