Quando viaggiavamo in bici… ricordi di quando possederla era come avere la Ferrari

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Capita sempre più spesso di vedere delle donne in bicicletta da corsa, vestite come se dovessero andare al Giro d’Italia. Ai miei tempi le cose andavano un po’ diversamente: posso dire che da parte femminile c’era più fascino?

La bici di papà – Uomini e donne hanno vissuto un rapporto molto importante con il biciclo. Mio papà, nel ‘40, aveva una bella bicicletta e percorreva parecchi chilometri per andare a trovare la fidanzata a Macerata, mia mamma. Elegante, pensate con i pantaloni bianchi e camicia. Era per quei tempi come se avesse… la Ferrari! Irresistibile. Ah, non mancava il cappello, che era rigorosamente il Borsalino comperato da Travaglini a Macerata. Mamma, studentessa, lo attendeva la domenica ed era sempre ben vestita, con maglioncino ricamato e gonna a pieghe. Scarpe basse. La bicicletta di babbo era con la canna alta da uomo, marca Legnano. Mi ha sempre detto che era una bici che non tutti potevano permettersi.

La bici di mamma – La bicicletta di mamma era da donna, marca “Bianchi”, con la retina che copriva la ruota posteriore per non far impigliare la gonna con i raggi, e carter chiuso per coprire bene la catena. I freni erano a bacchetta. Avevano tutte e due una dinamo Radius per fare appena un po’ di luce di notte, ma per farla funzionare occorreva sforzarsi sui pedali. La bicicletta in quegli anni era un capitale e ne erano orgogliosi.

Comari e canzoni – Nessuno ricorda cosa dicevano le comari con un bel po’ di malizia? Tipo: “Vanno con la bici, chissà dove andranno?” Queste ragazze cicliste del tempo  erano veramente belle e felici. Silvana Pampanini nel 1951 cantava una canzone dedicata alla prima donna che partecipò al Giro d’Italia nel 1924, la ciclista Alfonsina Strada. Cantava così: “Ma dove vai bellezza in bicicletta… così di fretta pedalando con ardor”.

Regalo di fidanzamento – I miei genitori erano fortunati, perché tutti e due possedevano la bicicletta. Mi parlavano spesso delle belle scampagnate che facevano di domenica. Le nostre mamme pedalavano con i loro abiti semplici ma con un tocco elegante, con i capelli ondulati secondo la moda dei tempi: quanto erano belle! E, direi, anche orgogliose della loro bicicletta, sorridevano alla vita. Mia mamma aveva una foto del ‘50 in posa su una bici e mi diceva che era segno di benessere possedere una bicicletta. Negli anni ‘40 una mia parente la ebbe come regalo di fidanzamento invece dell’anello, allora era un regalo importante, come se un fidanzato dei giorni nostri regalasse una utilitaria.

La bici e la guerra – Mia madre mi raccontò che durante la guerra i tedeschi requisivano le bici per darle ai loro soldati e per poter tenere la propria occorreva dimostrare di avere validi motivi. Una sua amica farmacista la utilizzava per andare a lavorare e si recava a 6-7 km da casa. Le fecero il permesso e gliela lasciarono. Nel periodo di guerra, di notte, si doveva viaggiare col fanale oscurato per non essere visti dai nemici. Si pedalava spesso con i sandali perché, nonostante il possesso della bicicletta, non si poteva rischiare di rovinare le scarpe buone: soldi  non ce n’erano. Negli anni ‘50 la bicicletta era un valore ed è stato il primo mezzo per muoversi, di tanti. Direi, anche acquistato con sacrifici.

Rispetto! – Oggi m’innervosisce molto quando vedo dei ragazzini, anche meno … zzini, che invece di appoggiarla a un muro o sul cavalletto, la sbattono per terra senza nessun rispetto del bene. Io mai l’ho fatto e ho il ricordo di alcuni miei coetanei, che lo facevano, e sorpresi dal padre subito come acconto beccavano uno schiaffone e poi via a piedi almeno per un bel pezzo!

L’antifurto… – Ricordo pure che la gente di campagna arrivava in paese e lasciava le biciclette ammucchiate presso qualche conoscente. Avanti casa dello stagnino Pettoro, che aveva rapporti di lavoro con la campagna, c’era un punto di stivaggio e c’erano sempre decine di biciclette posteggiate. Le lasciavano lì perché avevano garanzia che nessuno le rubasse.

Il bollo sulla bici – Negli anni ‘30-‘40 per girare in bici occorreva avere un bollo realizzato in lamierino e c’era un meccanico che si era specializzato nello stampaggio di contrassegni falsi, che permettevano di non pagare la tassa. Mia Zia per la Cresima mi regalò la prima bici nuova… fu il dono più bello che potevo desiderare in quel periodo. I miei amici avevano tutti quelle da maschio con la canna alta e con, in certi casi, il cambio. Babbo raccontava che nel 1935 occorrevano 5 mesi di stipendio per comperare una bici, mentre negli anni 50 una bici costava circa 8 mila lire. Mio padre, qualche volta, mi portava a fare un giretto con la bicicletta e stavo seduto sulla canna. Ricordo anche che il lattaio veniva a casa con una bicicletta e sul portapacchi teneva una grande latta per la distribuzione del latte. Tempi passati. Chissà se qualcuno ha nel fondo del baule altro da raccontare? 

Alberto Maria Marziali

19 giugno 2023

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