“Il Vescovo”, nel libro la storia vera di un personaggio ginesino realmente esistito

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“Il Vescovo”, di Stefania Bernabei, edito dalle maceratesi Edizioni Simple: bello, un bel libro. Innanzitutto scritto molto bene, scorrevole, senza tante frasi troppo articolate, linguaggio chiaro, ricco vocabolario, veramente una piacevole lettura.

Poi c’è la storia, ‘ché senza una storia credibile non c’è trama che tenga. Il protagonista è uno della nostra terra, un figlio di quella San Ginesio del 1600 che lui mai ha dimenticato, ricordandola sempre con amore. È la storia di Giovanni Felice Bernabei, che dal suo paese posto dirimpetto ai Monti Azzurri arriverà fino a Vienna, accolto nella corte imperiale dove si inserirà perfettamente, stimato e così apprezzato da diventare lui, umile e rispettosa persona di saio vestita, addirittura Vescovo. Così, in sintesi.

La stesura del libro è inusuale, nel senso che l’autrice, invece di scrivere un racconto completo nello scorrere temporale degli eventi, evita di appesantire la narrazione con troppi episodi ma alcuni di questi, rilevanti per la comprensione del personaggio e del periodo storico in cui si sviluppa il racconto, li inserisce alla fine della storia come un focus: sono brevi scene estrapolate da una vita, tutto sommato, avventurosa.

In ogni essere umano esiste un dualismo che lo fa dibattere tra la materia e lo spirito per tutta la vita ed è fondamentale che trovi un equilibrio tra questi due elementi. Anche il nostro fratel Giò Felice vive questa condizione che in lui si sintetizza in una parola: amore. L’amore passionale per una donna e l’amore spirituale per il Signore. Un male lo privò della sua Giorgina e lo condusse sulla via della religiosità, un percorso durante il quale, sia da povero fraticello privo di tutto o da vescovo agiato, si prodigò per aiutare chiunque fosse in stato di necessità. E a quei tempi, fatta salva la classe agiata, i poveri erano la stragrande maggioranza e le privazioni patite da questi li conducevano a infinite tribolazioni, malattie comprese.

Mentre in quei tempi la vita nelle Marche, come in tutti i territori governati dalla Roma dei Pontefici, scorreva abbastanza tranquilla a Vienna non era così. Gli sfarzi della vita di corte, dove lui era stato insignito della carica di Teologo dall’Imperatrice Eleonora, erano comunque densi di preoccupazione, derivante dai continui attacchi delle armate turche che saccheggiavano i villaggi, li distruggevano e ne trucidavano gli abitanti. Il Vescovo andava a visitare quelle popolazioni rimaneva sconvolto dalle violenze perpetrate  e dalla miseria in cui erano abbandonate.

A tanto disfacimento fisico si affiancava quello morale che alcuni ricchi perpetravano a danno di minorenni abbandonate o, come ancora oggi purtroppo accade, quello che avveniva all’interno dei conventi a danno dei novizi. Fratello Giò Felice, sconfinando dai limiti posti dalla sua carica, cerca sempre di porre rimedio alle malefatte usando intelligenza e coraggio. Potrebbe sembrare un romanzo scaturito da una penna ricca d’inventiva ma così non è. Il personaggio è vero, realmente esistito, e vera è la sua storia, tratta da una bibliografia che Stefania Bernabei, probabilmente lontana parente del protagonista, inserisce alla fine del libro.

Fernando Pallocchini             

20 giugno 2023

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