Dai ricordi d’infanzia esce fuori un dolcetto di neve: chi lo ricorda? Chi l’ha mangiato?

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La neve nel bicchiere. Un po’ lo si faceva per gioco, un po’ perché ci piaceva davvero. La neve è come il ghiaccio ma più buona, così come certe acque che, per molti palati, sono più buone di altre. Basta avere il coraggio di uscire mentre la neve cade copiosa, riempirne una bella ciotola e poi aggiungerci lo zucchero, del succo di limone o il caffè (ndr: anche con l’alchermes non è male). Nel caso invece che si voglia essere ancor più ligi alle tradizioni nostrane si aggiunge solo del mosto cotto (sapa). Mescolare… et voilà! La specialità è pronta.

Una granita così buona non la fanno neppure nelle gelaterie in estate, e gustarla avanti al fuoco del camino è impareggiabile! Era il gelato dei bambini di qualche decennio fa, quando non c’erano gelaterie in ogni paesetto (e, soprattutto, non aperte in inverno). Era la specialità per chi  non aveva tanti soldi da spendere in ghiottonerie. In fondo, diciamo la verità, molte cose buone sono lì a portata di mano e costano poco o nulla: basta solo conoscerle e saperle apprezzare.

Il mosto cotto è strettamente legato al vino cotto, che anticamente era utilizzato come sciroppo per liberare le vie respiratorie, contro tosse, dolori e mal di gola. Un toccasana secondo i vecchi usi per fortificarsi e resistere meglio al freddo. Nacque così  il sorbetto dei poveri a base di neve e vino cotto o, per i più ghiotti, col “mosto cotto”. 

Alberto Maria Marziali

Coppa di neve e alchermes

26 luglio 2023

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